PECHINO - E brava Elisa. Ce lo aveva fatto intravvedere, un paio di giorni fa, chiacchierando a Casa Italia, che dietro quel sorriso radioso trattenuto a stento stava pensando a qualcosa di bello. Gli avevano chiesto che tempo si sentiva di avere nella gambe, e lei, maliziosa, aveva risposto che il cronometro era dalla sua parte, il sentiero di avvicinamento verso Pechino era stato senza trappole; malanni e dolori, con cui una marciatrice deve abitualmente convivere, avevano rispettato una loro personalissima tregua olimpica. Non aveva convinto tutti, però, Elisa Rigaudo. Qualche giornalista, vinto da un eccesso di realismo, magari scottato dalle piccole grandi delusioni olimpiche che ogni spedizione a cinque cerchi si porta dietro, non le aveva creduto, non le aveva dato fiducia. E allora la notizia del bronzo conquistato dopo 20 chilometri di marcia, sudore e fatica sotto la pioggia battente (ma a Elisa è andata bene così: peggio sarebbe stato il tanto temuto caldo pechinese!) ha sorpreso i più a spasso per la Città Proibita, alcuni impegnati nello shopping al mercato della Seta, altri sulla strada del Tempio del Cielo: tanto la mattinata era libera e non erano previste medaglie in arrivo….. Ma arriva la telefonata improvvisa, l'sms inatteso e allora scatta il piano di riserva: si blocca il primo taxi che passa in strada e si corre verso casa (almeno per qualche giorno ancora…) cioè lo Stadio del Nido d'Uccello. Qui un manipolo di fedelissimi ha già abbracciato e salutato Elisa da un paio d'ore almeno. Cronisti in ritardo, ma per fortuna almeno lei con l'appuntamento con la medaglia è arrivata puntuale.
Che l'atmosfera sia quella tipica da "L'estate sta finendo" dei Righeira non lo rivelano i grandi appuntamenti (siamo alla stretta finale, al momento decisivo dei Giochi: tutti guardano tabelloni e calendari per chiarirsi le idee sulla corsa agli ultimi ori), ma i piccoli segnali di ogni giorno. Fa un certo effetto vedere infatti sbarrata la porta di quella Fencing Hall, della sala della scherma che ha visto in pedana le prodezze di Valentina (Vezzali) e le sue sorelle ( d'arma), le nefandezze dei giudici di gara, il lampo di talento purissimo di Aldo Montano, l'ego sfrontato e arrembante di Matteo Tagliariol. Eppoi, a passar davanti al Capital Indoor Stadium, provi un certo non so che a veder impacchettate le tribune mobili del tempio che ha visto le prodezze della reginetta Nastia Liukin, le imprecisioni del nostro Igor Cassina, il bronzo evaporato per decimi di malizia di Coppolino agli anelli, i dolori del farfalla Vanessa Ferrari. L'estate (olimpica) sta finendo, appunto, e un anno (a cinque cerchi) se ne va.
Basta scendere in un sottoscala del Capital Gymnasium, l'impianto che ospita il torneo di volley, per ritrovarsi davanti l'altra faccia dei Giochi. Corri per raccogliere le prime impressioni di un Andrea Anastasi felice e sudato, dopo la battaglia a colpi di schiacciate e muri contro la Polonia, e incontri per caso Bei Bei e Jing Jing, due delle cinque mascotte di questa olimpiade. Stavolta non ballano, non ridono, non saltano al ritmo della musichetta che fa la gioia dei bambini sulle tribune. Bej Bej e Jing Jing ti appaiono ora per come sono nella vita di tutti i giorni: due volontari stremati, addormentati su quei corpi a fumetti di gommapiuma che trascinano per ore ed ore, avanti e indietro, perché il copione impone per loro questa parte da recitare. Buonanotte ragazzi, e grazie per aver dato un'anima e regalato un briciolo d'umanità a burattini e burattinai del circo a cinque cerchi.