PECHINO - Allarmi terroristici e cappa di smog e umidità soffocante a parte, il grande protagonista della giornata olimpica è stato il Dna. C'è il campione che la classe ce l'ha nel Dna, c'è lo sport che al momento trova in quella fenomenale e affascinante catena di cromosomi intrecciati la luce ultima che illumina tutti i suoi più remoti angoli oscuri.
Normale allora che di Dna parlino Andrea Baldini e Filippo Magnini, entrambi a modo loro, ma con parecchi punti di contatto. Lo schermidore si vede confermato dalle controanalisi il verdetto più amaro: positivo a un diuretico durante gli Europei di Kiev. E allora che fa il nostro fiorettista? Chiede l'analisi del Dna, per uscire fuori da ogni equivoco e avvalorare la tesi del complotto ai suoi danni per farlo fuori dai Giochi.
Come una lama sono invece taglienti le parole di Filippo Magnini, pronunciate in una Casa Italia pechinese che, a colpi di prosecco e musica vintage, sembra fatta apposta per stemperare le emozioni forti. «Sono sicuro di aver già gareggiato contro atleti non puliti, ma anche di averli battuti: che gioia!», attacca il pesarese dopo aver elogiato il supercostume con cui andrà a caccia dell'oro nella vasca cinese. Poi il secondo siluro. «Sono sicuro che non si faccia tutto nella lotta contro il doping. Si fa molto ma non si fa abbastanza»: colpito e affondato. Poi la terza botta: «I controlli? Mi hanno controllato l'altra settimana, controllo incrociato sangue-urine: ma per me possono farmi tutto, tagliarmi i capelli, farmi l'esame del Dna (eccolo, appunto!), però quando sono proprio i medici a dirmi che molti controlli non si fanno perché costano troppo, ecco lì mi arrabbio parecchio…»: è a questo punto a qualcuno l'aperitivo con le olive verdi è già andato di traverso da un bel po'. La faccia, il sangue e le urine ce le mette anche Alessia Filippi: «I controlli: più ne facciamo meglio è; speriamo li facciano anche agli altri….», spiega la romana che ha aderito da tempo alla campagna "I'm doping free". Intanto però bisogna far presto. Il futuro in provetta è alle porte, si chiama doping genetico, e a quel punto allora anche quella miracolosa catena incrociata di cromosomi saprà dirci, al massimo, solo mezze verità…..
«Non è questione di solidarietà, ma di rispetto dei valori olimpici», dice Sepp Blatter. Segno che ci ha preso gusto il presidente della Federcalcio mondiale, a scendere in campo a fianco dei calciatori. Anche per lui deve essere un fatto di Dna, perché quasi non lo si riconosce più, confrontato a quella macchina rastrella-soldi in cui il "caro" Sepp si era trasformato negli ultimi anni. Qualche settimana fa, invece, fece discutere definendo i ricchi campioni del pallone schiavi delle società, ed esortando il Manchester United a lasciare libero Cristiano Ronaldo di volare a Madrid.
Stavolta, da Pechino, Blatter chiede ai club come il Barcellona di lasciare che i loro under 23, come appunto il fenomenale argentino dei blaugrana Messi, possano partecipare alle Olimpiadi. «Se i giocatori vogliono devono poter partecipare», ha spiegato. Parole nobili e intento lodevole, quello del vecchio Sepp, ma conoscendo il personaggio, permetteteci di dubitare: che l'idea non gliela abbia suggerita magari qualche grosso sponsor, desideroso di trasformare il torneo di calcio olimpico in un campionato mondiale bis?
