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Lanterne rosse / di Dario Ricci
 

Gli atleti azzurri: «Siano i politici a protestare con la Cina»

di Dario Ricci

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6 agosto 2008

PECHINO - Due ore sotto il sole cocente, davanti all'ingresso del villaggio olimpico, ad aspettare una lettera che di fatto era la copia pressoché esatta di quella già inviata al comitato organizzatore, per autorizzare la visita di alcuni giornalisti italiani all'area e alla palazzina occupata dagli azzurri. Problemi burocratici, ci dicono al cancello due operatori del Cio, un canadese e un sudafricano, gentili ma fermi. Perché qui è così. I cinesi cambiano procedure, modalità, prassi da un giorno all'altro. Un mix ingarbugliato di tensione per il tema sicurezza, rispetto (legittimo) della privacy degli atleti, rispetto ( e qui la discussione è più aperta…) dei diritti tv venduti a prezzo salatissimo e che allora vanno tutelati anche a suon di carte bollate (nel migliore dei casi…) o di carte faxate (come appunto nel caso dei poveri cronisti abbandonati sulla soglia del paradiso…).

….Alla fine le porte dell'eden si aprono, e anche quelle della stanza di Roberto Cammarelle, gigante dal cuore buono che nello sguardo e nella voce baritonale ha un non so ché da "Primo Carnera": sono le due del pomeriggio quando ci fa entrare nella stanza che divide con gli altri compagni e il fisioterapista: il panorama non è indimenticabile (il balcone esterno affaccia proprio sul parcheggio dei bus), ma la vera minaccia per il milanese d'origini molisane che vive ora ad Assisi e sogna ora l'oro olimpico nei supermassimi, dopo il bronzo di Atene è…l'aria condizionata! E allora che piccolo grande spiraglio di sport e umanità a immaginarti questo ragazzone di oltre due metri, che va in mensa (che bello vedere andare a pranzo i russi del basket, guidati dalla star Nba Kirilenko!) col maglioncino per evitare che a metterlo k.o. non sia il gancio di un avversario, ma uno starnuto o un raffreddore. Sembra essere tornati per un solo istante a quello che i nostri papà e i nostri nonni chiamano ancora "lo sport di una volta"; poi dall'Italia arriva la notizia che anche Sella è scivolato sulla stessa Cera che ha fatto precipitare il fresco mito di Riccò, e allora davvero ti accorgi che no, proprio no, non c'è rischio di sbagliarsi, siamo ancora impelagati nell'epoca dello sport "di oggi"…

Fa impressione invece vedere schierati di fronte alle telecamere di tutto il mondo i fenomeni australiani del nuoto: Hackett, Sullivan, Rice, Lenton. Insomma, in poche parole il Brasile del calcio (Stati Uniti permettendo, anzi, dominando…): ed è bello vedere che in altre parti del mondo si può essere stelle anche senza una sfera tra i piedi: capitan Hackett ha il carisma di Paolo Maldini, il resto della truppa è pronto alla sfida più attesa. Tra un anno il bis sarà ai Mondiali di nuoto al Foro italico di Roma: se potete, andate di corsa a comprare già i biglietti (con l'accortezza di lasciarne almeno uno al sottoscritto…!)

Vedi i canguri anfibi è hai un minimo di refrigerio nella calura tropicale. Poi le notizie che arrivano da casa fanno pensare i più che a Roma faccia ancora più caldo che all'ombra del Dragone: perché a due giorni dal via torna d'attualità la possibilità di un boicottaggio da parte degli atleti azzurri della cerimonia d'apertura . Lo dicono gli stessi atleti? Neanche per sogno. L'idea (non originalissima, per la verità…) torna in auge all'improvviso e infiamma per qualche ora il dibattito politico. Gli strascichi arrivano fino a Casa Italia a Pechino, da dove qualcuno lancia una proposta/provocazione: che una delegazione degli atleti azzurri più rappresentativi chieda ufficialmente al Palazzo e ai suoi Onorevoli inquilini, di farlo loro, questo gesto di rottura e di protesta contro il mancato rispetto dei diritti umani in Cina e per le vessazioni in Tibet. Che la politica, in fondo, si riappropri del suo ruolo, ritirando ambasciatori, imponendo misure e sanzioni economiche, dando l'esempio e indicando la via (che sono poi quelle due cosucce che fin dalla democrazia ateniese ne fanno la più nobile delle attività). Da Roma, però, a questo punto non arriva risposta, ma il conseguente ridimensionamento della discussione. Si sa: a Pechino ormai è notte fonda, sui sette Colli comincia a soffiare un Ponentino che porta altrove i pensieri. Che ognuno faccia il suo. Meglio dormirci su, mentre dalle finestre che danno sul Chaoyang District filtrano bagliori di lanterne rosse.

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