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Il Dalai Lama: «La Cina viola la tregua olimpica in Tibet»

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13 agosto 2008
Il Dalai Lama durante la conferenza stampa a Parigi - REUTERS/Pascal Rossignol (France)

Il Dalai Lama ha accusato la Cina di violare, con la repressione in Tibet, la tregua olimpica che tutti dovrebbero rispettare durante i Giochi, tanto più il Paese che sta ospitando l'edizione di Pechino 2008. Lo hanno riferito diversi parlamentari francesi dopo aver incontrato il leader spirituale dei buddhisti tibetani, in visita per dodici giorni in Francia per motivi religiosi.

Al Dalai Lama è stato chiesto se, in occasione dello svolgimento della manifestazione a cinque cerchi, il regime cinese avesse sospeso «gli arresti e l'oppressione» nella regione himalayana. «La sua risposta è stata molto chiara: no», ha raccontato uno dei membri del Parlamento di Parigi, Robert Badinter, già ministro della Giustizia sotto la Presidenza di Francois Mitterrand, citato dall'agenzia Afp. «Mentre i Giochi sono in corso, l'oppressione del popolo tibetano continua», sono state le parole di Tenzin Gyatso.

Nel corso di una conferenza stampa tenuta in precedenza nella capitale francese, il leader spirituale buddhista aveva affermato che, poichè la Cina «ha una gran voglia di entrare a pieno titolo nella comunità internazionale», quest'ultima a sua volta «ha la responsabilità di inserirla nei canoni ordinari della democrazia mondiale». La Repubblica Popolare «non va isolata, ma dev'essere ricondotta nell'ambito dell'assetto sociale come è comunemente inteso, e il mondo deve creare con essa rapporti di amicizia genuini. È assolutamente essenziale», aveva avvertito il premio Nobel per la Pace 1989. «Nel frattempo, bisogna che siamo fermi su certi principi come la democrazia, i diritti umani, la libertà di stampa, lo stato di diritto». In proposito il Dalai Lama aveva lodato, dicendosi «pienamente d'accordo», la presa di posizione del presidente americano George W. Bush il quale, a poche ore dall'inaugurazione dei Giochi, aveva manifestato la «profonda preoccupazione» sua e degli Stati Uniti per la situazione dei diritti dell'uomo e della libertà religiosa in Cina. Poi aveva avuto parole di elogio anche per la «trasparenza» di cui le autorità cinesi diedero prova in occasione del terremoto che il 12 maggio scorso devastò il sud-ovest del Paese. «Auspichiamo che tale trasparenza aumenterà, ma sulla questione del Tibet la Cina si nasconde. La paura è un problema grave, è un segno di debolezza», aveva sottolineato il Nobel, «ma non ci si può nascondere dal resto del mondo. Una società chiusa non ha futuro. È nell'interesse della stessa Cina».

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