SPORT

 
 
 
 
HOME DEL DOSSIER
Ordine d'arrivo
Classifica generale
Cronaca
Schede tecniche
Multimedia
Approfondimenti

Libri / 100 storie del Giro d'Italia

commenti - |  Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci
9 FEBBRAIO 2009

Beppe Conti ha 57 anni, è inviato speciale di Tuttosport e ha seguito gli ultimi trentadue Giri d'Italia. La bicicletta non la ama, la declama come una poesia per volare attraverso i decenni. Così è andato alla ricerca degli altri cinquantanove Giri e li ha raccontati tutti, con aneddoti e avvelenamenti, tra volate e tapponi di montagna, nel suo 100 storie del Giro 1909-2009 per i tipi della Graphot Editrice, casa torinese con la quale ha pubblicato, tra gli altri, anche Da Merckx a Pantani, Storia e leggenda del grande ciclismo e Il tour d'Italia.

Nelle date c'è sempre un po' di destino. Conti, che è stato pistard e ha iniziato alla Gazzetta dello Sport, è nato nel 1951, a cavallo tra le due più grandi imprese di Fausto Coppi, tra i cinque colli della Cuneo-Pinerolo del 1949 e la scalata dello Stelvio del 1953. Non poteva sentire alla radio Mario Ferretti che raccontava agli italiani quell'uomo solo al comando con la maglia bianco-celeste, ma di quell'epoca che correva a parole più che per immagini ha ereditato il piacere del narrare: le sue parole si fanno immagine. Conti scrive con uno stile semplice, così i personaggi, siano essi gregari, cannibali, pirati o campionissimi diventano quasi un film: i volti in bianco e nero si animano e le figure del passato prossimo diventano icone. Pone l'orecchio a Nino Defilippis, che in presa diretta "corre di nuovo" lo Stelvio del 1953, come a Davide Boifava che gli-ci spiega la rivalità Roche-Visentini del 1987.

Si parte nel 1909, quando la Gazzetta rubò l'idea del Giro al Corriere della Sera e quando il muratore Luigi Ganna da Varese si impose nella classifica a punti. Tra gli isolati o diseredati (erano coloro che correvano per disperazione e a sera si accontantavano di un fienile), ci sono Alfredo Binda, poco amato perché troppo forte (con Coppi e Merckx condivide il record dei cinque Giri vinti), e Learco Guerra che nel trionfo del 1934 forse percorse alcuni chilometri in auto. Ci sono soprannomi ricevuti e poi persi (fu Costante Girardengo il primo Campionissimo, poi venne Coppi), ci sono intenzioni abortite (a Mussolini quella maglia rosa non piaceva proprio).

C'è la storia di un movimento e di un popolo che vive di duelli (Coppi-Bartali, Gimondi-Merckx e la sua malattia al cuore con la quale ha corso e rischiato la vita, Moser-Saronni) e di icone (il distaccato Anquetil, l'inarrivabile Hinault, il talentuoso Indurain). In ogni storia Conti trova altre storie, altre stanze, perché si scrive Giro, ma si legge vita. E la vita è una ruota che gira, sono quelle ruote che mangiano polvere perché figure come Armando Cougnet e Vincenzo Torriani hanno disegnato strade e imprese, perché la genialità di Tullio Campagnolo a metà anni Trenta ha inventato il cambio, perché Sergio Zavoli ha reso popolare la bicicletta. Senza dimenticare, in uno sport di fatiche atroci, i volti femminili: Alfonsina Strada in gara nel 1924, la Dama Bianca che fece innamorare Coppi e la moglie di Hinault vicina al divorzio per un titolo di giornale.

Sono le donne e i cavalieri, le armi e gli amori del Giro. Nel rosa c'è anche il buio del doping: dal sangue di bue, carburante di inizio Novecento, alla Cera, l'Epo di terza generazione. Conti non nasconde nulla: racconta senza sconti e senza reticenze. Ricorda anche quel 5 giugno 1999 a Madonna di Campiglio quando a Marco Pantani, dominatore della corsa, pronto ad arrivare in rosa a Milano per la seconda volta, fu riscontrato un valore dell'ematocrito oltre la soglia di 50. Non ci fu complotto ma all'autore rimane l'amarezza per il campione che s'è perso: «Sarebbe bastato ricordargli di Merckx che trent'anni prima visse un'avventura analoga, andò al Tour e diventò più forte di prima. In quei giorni nessuno ebbe il coraggio di proporre al Pirata il Tour de France. Avrebbe dimenticato tutto».

Il ciclismo, dopo Madonna di Campiglio e dopo Sanremo, ha cercato di dimenticare e ripartire fino all'ultima vittoria, quella dello spagnolo Alberto Contador nel 2008: nessun successo di tappa ma trionfo a Milano, come accadde a Franco Balmamion nel 1962 e nel 1963.

Tra morti e misteri, tra meteore e montagne, Conti sottolinea che il ciclismo non è uno sport, ma un mestiere. Il mestiere di vivere. E amare: era il 1932, Giovanni Gerbi, El sciur diavul, aveva 47 anni e un viso cotto dal sole, e non si arrendeva mai. Arrivò ultimo all'Arena di Milano, ma arrivò: nessuno ad aspettarlo, solo la moglie con un mazzo di fiori rossi. Controluce tutto il tempo se ne va. Restano strade e storie.

Beppe Conti
100 storie del Giro 1909-2009
Graphot Editrice, 256 pagine, 16 euro

9 FEBBRAIO 2009
© RIPRODUZIONE RISERVATA
RISULTATI
0
0 VOTI
Stampa l'articoloInvia l'articolo | DiminuisciIngrandisci Condividi su: Facebook FacebookTwitter Twitter|Vota su OkNotizie OKNOtizie|Altri YahooLinkedInWikio

L'informazione del Sole 24 Ore sul tuo cellulare
Abbonati a
Inserisci qui il tuo numero
   
L'informazione del Sole 24 Ore nella tua e-mail
Inscriviti alla NEWSLETTER
Effettua il login o avvia la registrazione.
 
 
 
 
 
 
Cerca quotazione - Tempo Reale  
- Listino personale
- Portfolio
- Euribor
 
 
 
Oggi + Inviati + Visti + Votati
 

-Annunci-