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Tra Coppa d'Africa e Mondiali, un continente nel pallone

di Dario Ricci

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11 febbraio 2010
Mohamed Nagy Gedo giocatore dell'Egitto (Lapresse)

Il pallone adesso non rotola più, a Luanda e dintorni. La Coppa d'Africa ha lasciato l'Angola, dopo due settimane di paura (per l'attacco terroristico contro la squadra del Togo a Cabinda), polemiche, discussioni, gol, spettacolo. Un torneo che in qualche modo è specchio del Continente, e del suo calcio, e su cui vale la pena di ritornare, per provare a leggere i segni occulti nascosti nei fondi del caffè, e capire cosa dicono gli aruspici in vista di Sudafrica2010, che ormai s'intravvede all'orizzonte.

Il paradosso dei Faraoni - Alla festa più attesa mancherà la squadra più forte. Paradosso degli egiziani, che a Luanda hanno conquistato il terzo trofeo continentale consecutivo, battendo per 1 a 0 il Ghana in finale. Tutto a causa dell'unico passaggio a vuoto dei Faraoni (che hanno battuto anche l'Italia campione del mondo nell'ultima Confederations Cup) nell'ultimo quadriennio: un girone di qualificazione mondiale claudicante chiuso dal turbolento spareggio con l'Algeria, vinto dalle Volpi del Deserto a Khartoum, in Sudan lo scorso novembre (1-0). Errore pagato caro dagli uomini guidati dal baffuto Shehata, tecnico che convoca solo giocatori rispettosi dei precetti dell'Islam, che pur ha al suo attivo 19 risultati utili consecutivi in Coppa e la tripletta continentale. E non basta la fragorosa (4-0) vittoria in semifinale proprio contro l'Algeria a cancellare il rimpianto dei Faraoni.

Finale amara - Amaro era stato l'inizio del torneo, segnato dal sangue di Cabinda; amara è stata anche la conclusione, con il servizio dio sicurezza angolano che ha fatto di tutto per impedire che i giocatori egiziani festeggiassero la coppa appena vinta con i tifosi arrivati da il Cairo e pacificamente presenti sugli spalti dello stadio di Luanda. Ne è seguita una rissa tra giocatori (in particolare Zidan) e poliziotti. Immagine non certo edificante, ma fotografia perfetta di un torneo che, dopo il ritiro del Togo, ha vanamente inseguito per due settimane una parvenza di normalità.

Togo, il dramma e la beffa - «Una decisione mostruosa». Così il bomber del Togo e del Manchester City, Emmanuel Adebayor, ha definito la decisione della Confederazione di calcio africana, che ha sospeso la federazione togolese per le prossime due edizioni della Coppa d'Africa, per di più multandola anche di 50mila dollari. La colpa? Essersi ritirata dal torneo dopo l'attentato terroristico di Cabinda, che alla vigilia della manifestazione provocò due morti e diversi feriti tra lo staff della squadra. A ritirare la nazionale ci aveva pensato il governo di Lomé, malgrado alcuni giocatori, dopo due giorni di paura e polemiche, avessero deciso comunque di giocare. «Interferenza politica», l'ha giudicata la Caf, presieduta dal potentissimo (e legatissimo al presidente Fifa Blatter) camerunense Issa Hayatou. Per il Togo, oltre al dramma, la beffa. Per la Caf, oltre al dramma, la farsa.

Stelle africane – Rimanendo a quanto si è visto in campo, la Coppa d'Africa ha messo in luce una manciata di giocatori interessanti. Su tutti Gedo Nagy, bomber egiziano del torneo (5 gol – tra cui quello della finale, partendo sempre dalla panchina): 27 anni, gioca nell'Ittihad di Alessandria, ma sulle sue tracce vi sarebbe già la Real Sociedad. Da applausi anche Asamoah Gyam, l'ex Udinese ora al Rennes, insieme all'altro ghanese Badu, sotto contratto proprio con i friulani. Occhio anche al centrocampista dello Zambia Kalaba (Unioao Leiria, 1986), al centrocampista dell'Angola Job (Petro de Luanda, 1987), al difensore camerunense Nkoulou (Monaco, 1990), all'esterno destro egiziano El Mohamady (Enppi, 1987).

Borsino mondiale – Dalle qualificate africane ai mondiali sudafricani sono emerse indicazioni contraddittorie. Il Ghana è parso la migliore del lotto: ha un ottimo allenatore (Rajevac) e talenti giovani e futuribili (e non c'era Essien, infortunato), ma non ha un centravanti in grado di concretizzare la grande mole di gioco (il milanista Adiyah è ancora acerbo); l'Algeria è quadrata, ma incapace di spunti qualitativi e ancora ebbra per l'inattesa chance mondiale, mentre la Nigeria paga l'incertezza sulla guida tecnica (Amodu, tecnico ad interim, difficilmente arriverà in Sudafrica). Con i Bafana Bafana ai box, e il Camerun di Eto'o rispedito a casa dall'Egitto nei quarti (ma i Leoni Indomabili – che l'Italia affronterà il 3 marzo a Montecarlo – hanno cuore e grinta da vendere), la più deludente è stata la Costa d'Avorio delle tante stelle (da Drogba a Gervinho) ma con scarsa coesione e incerto disegno tattico. Ma al Mondiale mancano ancora quattro mesi. Poco, in qualsiasi altra parte del mondo. Un'eternità, in Africa.

11 febbraio 2010
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