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Da Torino a Città del Capo in pullman verso il Mondiale

di Dario Ricci

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23 marzo 2010
Da Torino a Città del Capo in pullman verso il Mondiale


Il viaggio è iniziato da qualche giorno. 33mila chilometri da Torino a Johannesburg, con due pullman pieni di scarpette, palloni e divise da calcio, ma anche beni umanitari e materiale scolastico. Quest'anno il viaggio della Muti (Movimento umanitario per la tutela dell'Infanzia) Onlus attraverso l'Africa è all'insegna del Mondiale. Obiettivo Sudafrica quindi. Non però quello degli stadi, delle luci, dei campioni e della Coppa del Mondo. Ma quello delle township, delle aree dove vive la parte più povera e numerosa della popolazione nera del Paese. Per portare, sempre attraverso il calcio, aiuto e – perché no – divertimento.
«Arriveremo a Città del Capo proprio l'11 giugno, il giorno della partita inaugurale del Mondiale tra Sudafrica e Messico – spiega Matteo Bottanelli, presidente di Muti Onlus – e lì daremo il via alla Township Cup, un torneo giovanile con 16 squadre formate dai ragazzi delle aree più degradate delle grandi township».

Ma non si giocherà solo a calcio, vero?
«Certo. Parallelamente al torneo, organizzeremo attività collaterali, meeting, mostre e appuntamenti informativi su ognuna delle 32 Nazioni partecipanti alla fase finale del Mondiale, per conoscerne storia e cultura. Inoltre svilupperemo programmi di formazione e prevenzione delle malattie infettive. Basti pensare alla piaga chela diffusione dell'Aids rappresenta per il Suafrica ancor oggi. Così da unire la passione per il calcio con la crescita personale dei ragazzi».

Intanto, però, a Cape Town bisogna arrivarci…..
«Già. Ci aspettano oltre 30mila chilometri in macchina lungo la costa occidentale dell'Africa, attraverso Francia, Spagna, Marocco, poi Ghana, Guinea, Gabon, Angola, Namibia fino al Sudafrica. Nel 2008 abbiamo attraversato la costa occidentale. E nel 2007, quando abbiamo iniziato questa esperienza, il viaggio verso sud l'abbiamo fatto addirittura in moto…».

Sono previste tappe intermedie?
«Ovviamente. "Una scarpa per un sogno" – questo il nome del nostro progetto – prevede infatti che in ogni luogo in cui ci fermeremo potremo distribuire materiale per giocare al calcio e beni di prima necessità, oltre che materiale didattico e scolastico. Chiaramente vigileremo anche su distribuzione e utilizzo di questi beni. Il tutto con il calcio come elemento comune e catalizzatore dell'attenzione dei ragazzi».

Insomma, l'obiettivo non è esattamente trovare il nuovo Eto'o o il nuovo Drogba….
«Il nostro obiettivo sarà collaborare con le istituzioni e le scuole locali per coinvolgere bambini e ragazzi nel gioco, ma anche e soprattutto nel progetto di crescita che proponiamo. Poi, dovessimo anche aiutare qualche talento a emergere, ben venga…».

Ha attraversato l'Africa in lungo e in largo. Cosa vuol dire il calcio per questo continente?
«È lo sport più popolare e amato in assoluto. Da Il Cairo a Città del Capo tutti giocano a calcio e in tutti i modi. E abbiamo incontrato anche tantissime bambini che giocano. Si fa di tutto per giocare: si legano tra loro gli stracci per fare un pallone, si usano due sassi e qualche ramoscello per fare le porte e si gioca. È un linguaggio comune».

Ci sono differenze nel modo di vivere questa passione tra il Maghreb e l'Africa Nera?
«Direi di no. E questo ti colpisce subito. Le differenze di cultura, lingua, religione si annullano nel momento in cui il pallone comincia a rotolare».

Tanti paesi, tanti modi diversi di giocare a calcio, però….
«In tutto il Continente è diffuso un modo davvero particolare di esercitarsi col pallone: lo si lega a un albero o a un palo con un filo, e ci si sfida uno contro uno ad arrotolarlo intorno a questo perno prima dell'avversario, ognuno in una direzione diversa. Una volta abbiamo sfidato dei bambini. A vederli sembrava facile, ma ci hanno rifilato una lezione che ancora me la ricordo!».

Mancano 84 giorni al via dei Mondiali 2010. Riesce a immaginare quale potrà essere l'eredità che la Coppa lascerà al Sudafrica e all'intero Continente?
«Le confesso che me lo chiedo spesso. E altrettanto sinceramente, ancora non sono riuscito a trovare una risposta. Spero però che sia una grande vittoria per il paese e per tutta l'Africa».

23 marzo 2010
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