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Viaggio nel Sudafrica che ospiterà i Mondiali

di Dario Ricci

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6 novembre 2009

A sette mesi dalla prima Coppa del Mondo organizzata in terra d'Africa, un reportage dal paese che ospiterà le migliori nazionali di calcio per un appuntamento che resterà nella storia di tutto continente


JOHANNESBURG - La banda musicale, le immancabili vuvuzelas – le trombette che scandiscono il ritmo della passione calcistica dei tifosi sudafricani -, l'entusiasmo di una città e di un Paese che aspetta di ospitare, a partire dall'11 giugno 2010, la prima coppa del mondo di calcio organizzata nella storia dal continente africano. Atmosfere e suoni che arrivano dall'Orlando Stadium di Soweto, la township di Johannesburg, Sudafrica, durante uno dei tanti derby calcistici cittadini, quello tra i Kaiser Chiefs e i Moroka Swallows.

Stadi e simboli - Un luogo simbolo di Soweto e del Sudafrica, l'Orlando Stadium (che durante i Mondiali verrà utilizzato come campo di allenamento): era questa, nel giugno 1976, la meta della pacifica manifestazione di protesta studentesca che la repressione del governo segregazionista di Pretoria trasformò in strage; e a una manciata di chilometri da qui, sta sorgendo il Soccer City Stadium, sulle ceneri di quell'impianto che nel 1990 ospitò uno dei primi discorsi alla nazione di Nelson Mandela, libero dopo 27 anni di prigionia. Basta poco , insomma, per capire che il calcio e il Mondiale che sta per arrivare siano per il Sudafrica qualcosa più di un gioco. Anche se molte cose sono cambiate, stanno cambiando. La Rainbow Nation continua il suo recente cammino sulla strada della democrazia. La Coppa del Mondo ormai imminente è il riconoscimento di questo percorso, e il biglietto da visita che il Sudafrica presenterà al mondo saranno prima di tutto gli stadi.

Lavori in corso - Oggi il cuore della Johannesburg che si appresta ad ospitare i campionati del mondo di calcio è proprio il Soccer City Stadium, qui a Soweto: 91.500 posti a sedere, il tetto realizzato da un'azienda italiana (la Cimolai di Pordenone) e la struttura esterna che è un omaggio alla storia del Sudafrica. La forma ovale e i colori (tutte le diverse sfumature di marrone) richiamano il calabash, il recipiente tradizionale con cui viene bevuta la birra tipica distillata. E, all'interno del cantiere, tutto richiama Johannesburg, la sua storia, la voglia di un intero paese di sentirsi all'altezza di quel mondo che gli ha assegnato un onore e un onere tanto grande: dal tunnel d'ingresso al campo, dalla forma di miniera (perché Johannesburg è anche la città dell'oro, viste le tante miniere che la circondano), a quelle nove striature di seggiolini colorati di grigio sulle tribune, che guardano ognuna in direzione delle altri città sedi della coppa del mondo. La decima linea, invece, punta a Berlino, sede della finalissima del 2006.

Oltre il Mondiale - Per chi ci lavora notte giorno per completarne i lavori, il Soccer City Stadium è già domani, è già futuro. Sid Clarke è il responsabile del progetto. Occhi chiari, casco protettivo d'ordinanza ben calato sulla testa, Clarke ci spiega cosa diventerà il Soccer City una volta conclusa la Coppa del Mondo: «Sarà un impianto polifunzionale, non dedicato solo al calcio, ma anche ad altri sport come il rugby, e ospiterà concerti, eventi internazionali. E non sarà circondato da attività commerciali, ma da un'accademia dello sport, da uno spazio museale, e da un'area interamente dedicata ad aziende dell'high- tech, proprio nella zona che durante il Mondiale ospiterà il centro tv internazionale. Questa è l'eredità che vogliamo lasciare al Sudafrica». Clarke è ben consapevole che quella che si giocherà tra Soweto e Johannesburg – e nel resto del Paese – è una partita tra il passato e il futuro di un'intera nazione: «Questo è il momento della transizione fra il vecchio Sudafrica e quello verso il quale stiamo andando ora. C'è Johannesburg, la città residenziale bianca, laggiù, e qui c'è Soweto, la township nera, e in mezzo una terra di nessuno. Quello che vogliamo fare è unire queste due aree, creare un'unica città da quelle che oggi sono invece due città diverse e ancora separate».

Il grande assente – Stiamo parlando del Green Point Stadium di Cape Town. Era stato infatti questo impianto il grande assente della Confederations Cup del giugno scorso: lavori ancora in corso, allora come oggi, ma adesso l'impatto che sorge a circa due chilometri dall'area commerciale del porto sembra essere pronto a rispettare l'appuntamento con la Coppa del Mondo. «Il 14 dicembre poseremo il prato nell'area del campo da gioco – afferma il vice sindaco di Cape Town, Ian Neilson - e poi abbiamo in programma tre test-event per provare impianto e sistema di trasferimento dei tifosi. Abbiamo messo a punto percorsi specifici e sorvegliati in un'area di due chilometri intorno al Green Point Stadium: si arriverà qui con navette o a piedi, e anche i collegamenti con la stazione e l'aeroporto saranno garantiti da un sistema integrato di bus, navette e taxi». Sulla carta funziona, ma gli scioperi degli operai impiegati nei cantieri (guadagnano circa 70 euro a settimana, che diventano 100 se si lavora anche la domenica, n.d.r.) e le proteste della lobby dei taxisti potrebbero creare più di un problema.

Il fiore della Mandela Bay – A Port Elizabeth, il Nelson Mandela Bay Stadium è ormai pronto. Lavori conclusi, tanto che l'impianto è utilizzato dalla polizia sudafricana per le sue esercitazioni in vista della Coppa. Quasi 46mila posti a sedere, copertura dai colori cangianti (a seconda delle variazioni della luce) e a forma di protea, il fiore simbolo del Sudafrica. I problemi sono fuori, al di là dei cancelli d'ingresso. Si lavora febbrilmente per completare le strade di collegamento tra città e impianto, e per ampliare la ricettività alberghiera della zona: i circa 30mila posti-letto a disposizione potrebbero non bastare.

Madiba in tribuna? – Il sogno dichiarato dell'intero Paese è quello di poter festeggiare l'arrivo della Coppa del Mondo con il suo padre fondatore, Nelson Madela, oggi 91enne, proprio sulle tribune del Soccer City Stadium di Johannesburg. Del resto, non fu proprio l'abbraccio tra un Mandela con la maglietta della nazionale di rugby e il capitano del Sudafrica campione del mondo, Francois Pienaar, a sancire nel 1995 la nascita del Sudafrica democratico e multirazziale? Un momento indimenticabile, per milioni di sudafricani. E lo stesso Mandela, del resto, visse da protagonista il momento più significativo della storia calcistica sudafricana, quando consegnò ai Bafana Bafana la Coppa d'Africa vinta il 3 febbraio 1996 contro la Tunisia. Dove? Manco a dirlo: al First National Bank di Johannesburg. Proprio quello che oggi è il Soccer City Stadium.

6 novembre 2009
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