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Federica e il futuro scritto negli occhi

di Dario Ricci

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27 luglio 2009
Federica Pellegrini (Ap)

Alle 13.30, poco dopo pranzo, qualche linea di febbre. Verso le 17, negli spogliatoi della piscina del Foro Italico, un pianto a dirotto tra le braccia del suo psicologo, Daniele Popolizio. Poi, 3 minuti 59 secondi e 15 centesimi dopo le 18.53, regina di Roma,con oro e record del mondo su quei 400 metri stile libero che per lei sono la distanza delle ansie, delle paure, dei primati.

E mezz'ora dopo il suo primo trionfo mondiale Federica Pellegrini è lì, seduta di fronte alla stampa di mezzo mondo, a spiegare i perché e i percome di una giornata che è entrata nella storia del nuoto e nella sua piccola grande storia, quella di una ragazza a un passo dai 21 anni (torta e candeline già pronte per il 5 agosto), che sogna l'America e che ha davanti a sé un presente e un futuro tutto d'oro.
Lo capisci in quel momento lì, che Federica è cambiata, cresciuta, maturata. Dentro e fuori la vasca. I suoi occhi neri, piccoli, stretti, acuti, guardano fisso l'interlocutore, sono attenti a ogni dettaglio, lucidi, pronti, dominanti sulla platea e sicuri nell'incrociare lo sguardo con Jaonne Jackson e Rebecca Arlington, le due inglesi che avrebbero dovuto farle vedere l'inferno in acqua e che sono state relegate invece al ruolo di ancelle, nel paradiso della piscina del Foro Italico
E' lì che capisci che quello che hai visto pochi minuti prima in acqua è un pezzo di futuro, perché questa veneta testarda e gentile ha impresse le stimmate del fenomeno, del talento naturale e infinito, che la trasforma in acqua nell'acqua. I pensieri chiari e rotondi,quegli occhi profondi e infiniti, i raccontano più delle mille interviste e copertine in cui si è raccontata, in cui l'hanno raccontata.

Chi sa leggere tra le bracciate, le scie e le corsie l'aveva capito fin dal mattino che sarebbe stata una giornata epocale per Federica, che nelle qualificazioni aveva passeggiato per metà gara sotto il record mondiale, per poi amministrarsi e siglare comunque il nuovo record dei campionati. Segno premonitore di dominio assoluto, distacco regale dalla varia umanità che si accalcava già alle sue spalle, già consapevole che di fronte ai 12mila del Foro Italico,nel tardo pomeriggio, si sarebbe sgomitato per le piazze d'onore.
Poi la febbre, i dubbi, le paure, i ricordi amari (vedi il flop sulla distanza a Pechino), l'accurato training mentale per scacciare i fantasmi e anticipare ansie, emozioni, turbamenti, per renderli meno spaventosi ed enormi, trasformarli da mostri sconosciuti in sensazioni riconoscibili e gestibili

Missione compiuta. Testa e braccia hanno funzionato come un meccanismo perfetto, prototipo umano scagliato nel domani, come Usain Bolt a Pechino, Bubka e Isinbayeva nel salto in alto, o il collega Phelps (prodigo di complimenti nei suoi confronti). O, in tempo di ricorrenze e anniversari, gli uomini che quarant'anni fa misero piede sulla Luna.
Psicologo, allenamenti, Luca Marin, Alberto Castagnetti, i 12mila del Foro Italico. Ognuno ha fatto la sua parte. Poi testa e braccia. Ma più di tutti poté il cuore di questa veneta ora regina di Roma. E più di tutti sono ora quegli occhi neri a spiegare tutto.

27 luglio 2009
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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