Una medaglia, questi Giochi l'hanno già assegnata: a Marjan Kalhor, slalomista iraniana sbarcata in Canada con il suo sorriso imbarazzato chiuso nel velo. Ha 21 anni, scia da quando il fratello Rostam, campione di discesa, le regalò la prima tuta: d'altra parte a Dizin, a nord di Teheran, dov'è nata, sciano tutti. Marjan è l'unica donna della delegazione iraniana: «Ho conquistato il passaporto per Vancouver in Val d'Isère: è stato il giorno più bello della mia vita». In attesa, mentre il suo paese sta andando a fuoco, delle emozioni olimpiche: lei, che sfilerà con i suoi tre compagni, è anche la portabandiera. Sempre coperta dal velo: «Osservo i dettami dell'Islam». Come aveva fatto nel 2009 la velocista del Bahrein Rakia al-Gassra ai Mondiali di atletica di Berlino. E senza incorrere negli strali del regime, che a Pechino 2008 giustificò con un'improvvisa febbre l'assenza in acqua del ranista Mohammad Dizicheh. Sei corsie più in là ci sarebbe stato un israeliano.