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Vancouver 2010 - Olimpiadi invernali

 
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Il sogno infranto di Carolina Kostner, solo sedicesima a Vancouver

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27 febbraio 2010

Mani nei capelli e testa bassa quasi a volerla mettere sotto il ghiaccio. Quasi più eloquente delle tre cadute e mezzo nella prima parte del programma libero che hanno trasformato le Olimpiadi di Carolina Kostner in un disastro. Fresca campionessa europea a gennaio, la Kostner aveva chiuso il programma corto al settimo posto con il punteggio di 63.02, distante sette punti dalla zona podio. La scorsa notte le speranze di rimonta dell'azzurra si sono infrante sull'indecisione nel primo salto. Il sogno è poi diventato incubo con le altre tre cadute che l'hanno fatta scivolare al sedicesimo posto con un totale di 151.90 (88.88 nel libero). L'oro è andato alla campionessa coreana Yu-Na Kim, che ha incantato giuria e pubblico finendo con il punteggio record di 228.56 che le varrà un mega-assegno di un milioni di dollari messo in palio da una banca coreana. Argento alla giapponese Mao Asada (205.50) davanti alla canadese Joannie Rochette (202.64), colpita pochi giorni fa dal lutto per la madre. «È difficile spiegare, ero preparata bene, avevo voglia di gareggiare e di fare bene», dice mentre le lacrime solcano il suo viso di ragazza e, almeno stavolta, campionessa mancata. «Sento molto forte di avere talento e non posso arrendermi così. Oggi non è venuto ma deve venire, da qualche parte c'è».

Il presidente del Coni, Gianni Petrucci, immediatamente dopo la prova dell'azzurra non ha nascosto la sua «delusione e tristezza». «Mi dispiace per l'atleta - ha aggiunto - ci aspettavamo grandi cose da lei. È una campionessa europea e non potevamo dubitare della sua qualità. Quando balla è bellissima ma il punteggio è obiettivo». Troppo presto per tirare le somme o pensare al sostegno, anche economico, che il Coni ha dato all'atleta per trasferirsi alla corte del guru del ghiaccio Frank Carrol a Los Angesel. «Io devo pensare all'atleta. Mi dispiace per lei perchè so quanto si allena e tutto il lavoro che ha fatto. Le siamo vicini, capisco il suo dolore e il suo dramma personale». Lo ha capito anche il pubblico del Pacific Coliseum che l'ha sostenuta con un caloroso applauso.

27 febbraio 2010
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