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«Io, stopper del Crystal Palace per un giorno»

di Dario Ricci

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28 maggio 2009

«Avevo la maglia numero 15, la seconda maglia del Crystal Palace, nobile decaduta del calcio inglese. Mi ci sono voluti un paio di minuti almeno per rendermi conto che quello che calcava il prato di Selhurst Park ero proprio io. Poi ho cominciato a tirar calci a tutto quello che mi passava nei paraggi: palla o piede (altrui), poco importa...!». Chiude gli occhi e sghignazza divertito Luigi Bolognini, giornalista di la Repubblica, 38 anni, un amore sconfinato per lo sport e il pallone. Un sito internet, un po' di sana follia, la fortuna di vincere un'asta online, e Luigi si è scoperto calciatore per un giorno, protagonista su uno dei mitici campi inglesi.

«È un'iniziativa della Football Aid, l'ente benefico dei club del calcio inglese», spiega Bolognini. Si partecipa a un'asta online, si acquista la maglia e con essa il diritto a giocare una partita tra tifosi, in base a un calendario predefinito dalle società, che mettono per un giorno a disposizione impianti e campo. Il ricavato? Tutto devoluto per iniziative di solidarietà, in particolare a favore dei malati di diabete».

Il posto in squadra va conquistato a suon di sterline, insomma, ma il tutto a fondo benefico. Allora si scatena l'asta su www.footballaid.com, e chi offre di più riceve maglietta con tanto di nome stampato, ruolo predefinito e posto a sedere nello spogliatoio. «Sono riuscito a vincere la maglietta numero 15! Mossa tattica, perché ho preferito prenderli per stanchezza ed entrare nel secondo tempo..», sorride Bolognini.

«In campo non si è soli, chiaramente: ci sono compagni e avvversari, gente comune come te, ma anche uno staff medico e un allenatore, spesso una delle vecchie glorie del club che ci ospita. Il nostro "mister" era Jim Cannon, grande stopper degli anni Settanta e Ottanta. Insomma, l'idea di dover giocare nel suo stesso ruolo mi ha messo un po' di pressione addosso, lo ammetto...», spiega Bolognini

E allora, Luigi: come è andata la partita? «Abbiamo perso 6 a 3, ma ho fatto la mia parte, duellando con un arcigno centravanti e riuscendo anche a sfiorare il pallone, un paio di volte... Ma quella che mi è rimasta nel cuore è l'atmosfera, la gioia, quel prato verde, le pacche sulle spalle per incoraggiarmi e le pinte di birra che ci siamo scolati al pub nel dopogara...inimitabile, indimenticabile!».

Ma perché pomeriggi del genere, iniziative e partite di questo tipo sembrano essere possibili solo in Inghilterra... «Il problema è che il nostro calcio di Serie A è la fotocopia esatta di come siamo noi italiani - chiosa amaro Luigi - . Litigiosi, pronti a discutere per un rigiore dato o no anche nella partitella tra amici del bar. Non sono molto fiducioso per il futuro: credo che anche quest'aspetto del "modello inglese" non sia esportabile. Meglio prendere un bell'aereo e respirare, per qualche ora almeno, un'altra aria, un altro calcio».

28 maggio 2009
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