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Tra Gerusalemme e Betlemme, una maratona per un futuro di pace

di Dario Ricci

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30 aprile 2009

Ci sono appena poco più 10 km tra Betlemme e Gerusalemme. Ma quello tra le due città simbolo della cristianità e oggi divise tra Israele e Territori Palestinesi è un viaggio nell'anima, nella cultura, nella storia di una terra divisa e contesa, che prova a immaginarsi un futuro di pace. Che passa anche attraverso lo sport, come ha dimostrato la recente Maratona della Pace - organizzata per il sesto anno consecutivo dal Centro Sportivo Italiano - che ha collegato proprio Betlemme e Gerusalemme. A pochi giorni dalla visita del Papa in Terra Santa, ripercorriamo quei 10 km con un cronista d'eccezione – il grande campione della pallavolo azzurra e mondiale Andrea Zorzi – e con le voci dei protagonisti che si sono raccontati al suo microfono, ognuno contribuendo a realizzare, con la sua voce, un mosaico per descrivere quella che oggi è la realtà quotidiana tra Israele e i territori palestinesi.

Si corre tutti insieme, passandosi una fiaccola, nel nome di Giovanni Paolo II - cui la corsa è dedicata - e col pensiero rivolto all'imminente visita in Terra Santa del suo successore, Benedetto XVI. Insieme a Zorzi altri grandi campioni del nostro sport: Giovanna Trillini, punta di diamante del nostro fioretto, e Demetrio Albertini, grande ex del Milan e del Barcellona. Nel cuore di tutti gioia e speranza, pur nell'angoscia di vederersi davanti il Muro che separa di fatto Israele e Territori Palestinesi, come spiega Zorzi

Padre Ibrahim Faltas, responsabile della Custodia Francescana della Terra Santa presso le autorità palestinesi e israeliane e presidente della Fondazione Giovanni Paolo II per il Medio Oriente, racconta il valore dello sport per i giovani palestinesi: «Chi fa sport qui non pensa all'Intifada, non lancia sassi, sta lontano dalla droga, piaga sconosciuta della Gerusalemme odierna». «È un piccolo segnale, una spia che rende consapevoli di quanto anche questa corsa simbolica possa significare», spiega Andrea Zorzi

Presente a tutte le edizioni, Zorro quest'anno ha avuto anche un ruolo organizzativo, e ha così potuto toccare con mano gli ostacoli - reali e burocratici - che si frappongono tra israeliani e palestinesi. Ma la Maratona della Pace è riuscita in un piccolo grande miracolo. «Dopo il conflitto di Gaza di alcuni mesi fa nessuna conferenza politica riuscirebbe a mettere insieme i due popoli. È quello che invece è riuscito a fare, per un giorno, questa corsa straordinaria», sottolinea soddisfatto Ibrahim

Rafik Ben Hur è direttore del ministero del turismo d'Israele. «Negli ultimi seianni molte cose sono cambiate, e molti passi avanti sonoi stati fatti», spiega ad Andrea Zorzi. «La maratona è diventata un appuntamento importante, e anzi puntiamo a farne presto una grande manifestazione internazionale, aperta a partecipanti di tuti i Paesi e tutte le religioni». «Iniziative come questa sono anche lo strumento attraverso cui Israele prova a migliorare la sua immagine internazionale, compromessa da anni di conflitti», sottolinea Zorzi riprendendo le parole di Ben Hur

Padre Giovanni vive in un piccolo villaggio - dove si trova un centro sportivo - vicino Ramallah dal 1972. La sua esperienza è guida preziosa per capire gli intrecci e la complessità della Terra Santa, dei Territori, dell'articolato rapporto tra israeliani e palestinesi. «Qui i fondi non sono un problema. Ma da sempre il vero problema è stato come utilizzarli, come riuscire a costruire infrastrutture e al tempo stesso cambiare una mentalità, una cultura, riconvertire le coscienze alla pace», spiega Padre Giovanni. E Andrea Zorzi puntualizza: «Le parole di Padre Giovanni sono fondamentali per capire come anche noi occidentali, e i nostri media, dobbiamo imparare a raccontare ciò che accade qui in modo diverso, senza cadere nella facile tentazione di schierarsi da una parte o dall'altra: il nostro primo obiettivo deve essere comprendere per raccontare»

Le difficoltà di tutti i giorni, i grandi problemi politici e i mille quotidiani conflitti. Ma chi ama lo sport, non può rinunciare al dovere della speranza, soprattutto a Gerusalemme e dintorni. Lo sa bene Padre Faltas, che ha già preso carta e penna e scritto la lettera d'invito per far sbarcare qui, il prossimo anno, il campione più amato dai ragazzi palestinesi: Francesco Totti. E anche Andrea Zorzi coltiva nel suo cuore una piccola grande utopia: perché quel Muro oggi divide, ma magari un giorno potrebbe diventare qualcosa che unisce: provate a immaginarlo insieme a una rete e a un pallone da volley...

30 aprile 2009
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