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Danni permanenti per gioco violento: lo sport Usa corre ai ripari

di Dario Ricci

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7 ottobre 2008

Il dibattito impazza sui siti web delle principali riviste specializzate americane, come Sports Illustrated e Usa Today: tifosi e avversari, pareri di esperti, tecnici ex giocatori, pro o contro Eric Smith, safety dei New York Jets, parenti poveri dei Giants campioni in carica dell'Nfl. Perché lo scontro tra Smith e Anquan Boldin, wide receiver degli Arizona Cardinals, non è stato solo un semplice contrasto di gioco.

I fatti – Mancavano appena 27 secondi al termine della gara che i Cardinals avrebbero poi perso per 35 a 56 sul campo dei Jets. Boldin, nella zona di meta, stava per ricevere il passaggio del quarter-back Kurt Warner. A quel punto, il wide-receiver viene atterrato alle spalle da Kerry Rhodes, e quasi contemporaneamente colpito di fronte, in uno scontro "casco-contro-casco", da Smith. L'impatto è violento, e il "Cardinal" resta a terra semisvenuto.

Le conseguenze – Gli arbitri non segnalano lo scontro come irregolare, ma per portare Boldin fuori dal campo ci vuole la barella. Subito si scatenano le polemiche. Il coach di Arizona Ken Whisenhunt denuncia l'intervento di Smith come contrario alle norme sulla sicurezza. Per Smith e i giocatori dei Jets invece, quanto accaduto è solo una coincidenza sfortunata. Per fortuna Boldin non subisce danni di rilievo (perderà solo qualche allenamento). Nel frattempo però arriva la decisione della Nfl: una giornata di squalifica e 50mila dollari di multa per Smith, che salterà quindi la sfida con Cincinnati. Un monito, più che una sentenza.

Lettera anti-violenza - "Quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare", recita del resto il vecchio adagio. Ma che nella National Football League il limite sia stato superato se ne era già resa conto la Lega stessa. Il 17 settembre, infatti, il commissioner Roger Goodell aveva ribadito in una lettera ai team la linea contro il gioco violento. «Il football è uno sport violento – si legge nel testo – ma proprio per questo presteremo particolare attenzione per punire i colpi pericolosi e irregolari, per proteggere i giocatori dagli infortuni. Faremo di tutto per tutelare i giocatori di ogni ruolo (attacco, difesa e special teams, n.d.r.) da infortuni non strettamente collegati a cause di gioco, provocati da comportamenti illegali e pericolosi: ogni condotta che metterà deliberatamente a rischio la sicurezza dei giocatori sarà punita». Una presa di posizione forte, ma che sembra non bastare.

Studi scientifici – Lo scontro tra Smith e Boldin è arrivato negli stessi giorni in cui dodici ex atleti professionisti (tra cui 6 ex "pro" della Nfl, un hockeysta e un'ex calciatrice della nazionale Usa) hanno deciso di donare – dopo la loro morte – il loro cervello a un centro specializzato sugli studi delle encefalopatie traumatiche dell'Università di Boston, proprio per permettere un'analisi approfondita sulle conseguenze a lungo termine dei traumi subiti in carriera. Problemi degenerativi della memoria, depressione, danni cronici sembrano effetti permanenti derivati dai frequenti scontri di gioco. Anche la Nfl – più cauta sull'argomento - ha intanto avviato una propria ricerca. I risultati saranno noti nel 2010.

Posta in gioco – Chiaro che il dibattito va a toccare alcuni nervi scoperti dello "sport-show-business" a stelle e strisce. Se nei casi più tragici è messa addirittura a rischio la vita degli atleti, a preoccupare club e campioni è la frequenza di infortuni che possono far sfumare in pochi istanti investimenti (per i team) e carriere (per i giocatori) di diversi milioni di dollari. Ma come salvare carriere e spettacolo senza mettere in dubbio l'immagine del football come sport "da duri" e per "uomini veri", che dilaga nell'immaginario di fans e media americani? Basteranno sanzioni, squalifiche e studi universitari per trovare un punto d'equilibrio tra il mito di uomini d'acciaio con caschi e imbottiture, e la realtà di atleti che rischiano la salute per conquistare una yard in più?

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