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Non solo Beckham: il soccer Usa raccontato da un calciatore italiano

di Dario Ricci

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Davide Somma

Uno si chiama David, ha 33 anni, è inglese, un bel po' di coppe e trofei in bacheca, una carriera passata tra Manchester United, Real Madrid, nazionale inglese e Milan, e ha al momento un ingaggio da 250 milioni di dollari. L'altro si chiama Davide, di anni ne ha 23, è nato in Sudafrica ma ha origini italiane, e nella sua carriera finora ha giocato in Spagna (al Logrones) e dopo aver sfiorato il paradiso calcistico nel Perugia targato Luciano Gaucci, ha continuato a tirar calci nelle serie minori in Italia (Vasto in C2, Olbia, in C1). Ma, a ben guardare, David Beckham e Davide Somma hanno anche qualcosa in comune: entrambi sono centrocampisti, anche se uno è la stella assoluta, l'altro uno dei tanti calciatori della Major League Soccer di calcio in America. E, malgrado un pedigree tanto diverso, entrambi (l'inglese con i suoi Los Angeles Galaxy, Somma con la maglia dei San José Earthquakes), sono rimasti fuori dai playoff che assegnano il titolo di campione del soccer made in Usa. Mentre Beckham, svernerà al Milan, Somma si preparerà alla nuova stagione, come molti altri onesti operai della pedata che calcano i campi da gioco d'Oltreoceano. Conoscere la storia di Davide, di sicuro rende più facile capire che tipo di calcio Beckham si appresta a lasciare (temporaneamente?), e quale potrebbe essere il futuro di questo sport Oltreoceano.

Nato in Sudafrica da genitori di origini italiane, poi trasferitosi in America, poi tornato nel Bel Paese, poi ancora negli Stati Uniti... A 23 anni, Davide, non si sbaglia definirti un vero giramondo...
«Hai proprio ragione », spiega Davide Somma al telefono dalla sede degli Earthquakes a San José, in California, proprio mentre sta firmando il contratto per la prossima stagione. «Sono nato in Sudafrica, poi nel 1996, quando avevo 13 anni, mia madre vinse la "carta verde", il visto d'ingresso per gli Stati Uniti. E allora ci trasferimmo negli States, dove sono andato a scuola e ho frequentato l'università».

E la passione per il calcio come è nata?
«Il football mi è sempre piaciuto, e me la sono cavata sempre bene col pallone tra i piedi. Allora ho pensato di provare a fare carriera in qualche club professionistico, magari in Europa. Mi sono affidato a un amico di mio padre, che ha dei contatti in Europa e che è diventato il mio procuratore».

Da quel momento in poi, sempre con la valigia in mano...
«La prima esperienza l'ho fatta in Spagna al Logrones, ma non è andata bene, perché il club era in crisi e non ci pagavano gli stipendi. Pensa, per risparmiare vivevo in casa col mio agente!».

Beh, non è che una volta arrivato in Italia, la musica sia cambiata...
«Esatto. Pensavo che Perugia sarebbe stata la mia grande occasione. E avrebbe potuto esserlo. Purtroppo arrivai in Umbria proprio nell'anno del crack finanziario della società guidata da Gaucci. Da quel momento ho cominciato a giocare in C2: prima sempre in Umbria, nella ProVasto, per 2 campionati, poi lo scorso anno in Sardegna, a Olbia».

Insomma, un piede nel calcio europeo lo avevi pur messo. Perché poi hai deciso di tornare negli States?
«Il problema è sempre quello: i soldi. Anche in C2 c'erano stati ritardi nei pagamenti, e allora tutto è diventato più difficile. E allora ho pensato di fare quest'esperienza nel campionato americano, per vedere se poteva rappresentare un'alternativa».

Sei arrivato a San Josè a stagione già iniziata. Che tipo di calcio hai scoperto?
«È un calcio di buon livello, magari un po' al di sotto di quella che è la serie B italiana. Ma i buoni giocatori non mancano, e arrivano da Inghilterra, Argentina, Brasile. Come compagno di squadra ho avuto Francisco Lima, che ha giocato a lungo in Italia, nella Roma e nel Brescia. Se riusciamo a portare altri giocatori stranieri nella Lega, sicuramente livello e interesse cresceranno, come è accaduto negli ultimi dieci anni».

Certo non si naviga nell'oro. Qual è l'ingaggio di un calciatore di livello medio?
«Qui sono molto attenti ai costi. La rosa che viene selezionata a inizio anno, costituita da 18 giocatori, firma dei contratti più consistenti, che si aggirano in media intorno ai 50mila dollari l'anno, anche se sono permesse due eccezioni per squadra, per le "stelle". Chi arriva a stagione in corso, come capitato a me, firma dei contratti molto meno consistenti. Io quest'anno ho incassato mille dollari al mese. Senza contare che qui devi trovarti e pagarti la casa, la macchina, le bollette... Non è mica l'Europa, dove è il club che pensa a tutto!».

  CONTINUA ...»

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