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Soccer Usa, per partecipare basta una mail

di Dario Ricci

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David Beckham  foto  AP Photo/Tony Gutierrez

L'ultimo ad assicurarsi una pensione milionaria è stato lo svedese Freddie Ljunberg, 31enne centrocampista col vizio del gol, fino a quattro stagioni fa bandiera dell'Arsenal e ora, dopo un bel po' di infortuni, pronto a spiccare il volo verso la Major League Soccer, destinazione i Sounders di Seattle, franchigia che si costituirà nel 2009. Sì, proprio quella Lega di calcio statunitense, insomma, da cui David Beckham sta fuggendo (per poi ritornarci?), preferendo lo shopping di via Montenapoleone a quello di Los Angeles e dintorni. Ma vale la pena farci comunque un salto, nel mondo del pallone d'Oltreoceano, per capire cosa lo Spice Boy sta per lasciare…

Verso i playoff – È appena cominciata la post-season. Favoriti d'obbligo gli Houston Dynamo, vincitori degli ultimi due titoli, che affrontano nel primo turno i New York Red Bulls. La Lega – fondata nel '93 ma attiva dal '96, sulla scia dei Mondiali di Usa '94 - è costituita da 14 squadre, ma entro il 2010 si arriverà a 16, quando oltre a Seattle si aggiungerà anche un nuovo team a Philadelfia.
La stagione si divide in una regular season e in una fase a playoff, con gare di andata e ritorno nei quarti idi finale, e con gara unica nei turni successivi, fino alla finale. Nel 2007 la Lega ha "inglobato" anche i canadesi dei Toronto Fc, e altre franchigie sarebbero pronte a entrare nel giro, anche se bisognerà fare i conti con le conseguenze della crisi economica. L'obiettivo è avere club in tutto il Paese e creare sfide d'interesse per i tifosi, come il derby (detto El Superclasico) tra Galaxy e Chivas a Los Angeles.

La Grande Utopia – "Adelante, con juicio", quindi, secondo l'adagio di manzoniana memoria. Perché malgrado un'ampia base di praticanti (almeno 15 milioni di giovani potenziali giocatori, di cui 4 milioni sono ragazze, per le quali il soccer è un must), il pallone in America si è già sgonfiato almeno un paio di volte. La prima nel 1984, quando fallì la North American Soccer League, quella dei celebri New York Cosmos che schieravano Pelé, Cruyff, Beckenbauer e Giorgio Chinaglia, o di quel George Best che girovagò tra i bar e i campi sintetici di Los Angeles (maglia Aztecs), Fort Lauderdale e San José. Lega caracollata sotto le proprie manie di grandezza e senza aver attecchito nel cuore degli appassionati, malgrado il supporto di Henry Kissinger, gran tifoso e protagonista dello scenario politico statunitense degli anni Settanta-Ottanta. Il secondo tracollo, vissuto a inizio anni Duemila, nel soccer in rosa, con l'effimera stagione della Women's United Soccer Association, che nel giro di un paio d'anni (2001-03) bruciò le proprie ambizioni professionistiche sull'altare degli ingaggi milionari delle proprie stelle (come Mia Hamm e Brandi Chastain), prima di lasciare spazio alla più morigerata W-League.

Regole anticrisi – Oggi la Major League Soccer prova quindi a far calcio guardando soprattutto al portafogli. La proprietà della Lega è suddivisa tra tutti i team; i giocatori non sottoscrivono contratti con i singoli club, ma direttamente con la Lega, che decide dove farli giocare; non ci sono retrocessioni; i giovani talenti universitari vengono scelti secondo il sistema del "draft" e vanno a rinforzare i club più deboli. Per far parte della Lega bisogna inoltre essere proprietari del proprio stadio (tutti con capienza intorno ai 30mila posti) e rispettare il "salary cap", cioè il "monte-ingaggi" totale di ogni squadra, fissato a 1,9 milioni di dollari

Campioni vintage – Ma i tifosi vogliono i campioni, e i campioni, si sa, costano. Perciò è stata introdotta un'eccezione al tetto salariale, la "Beckham Rule", che consente di superare il salary cap per due giocatori di ogni squadra. Da qui l'ingaggio multimilionario (250 milioni di dollari) dello Spice Boy ai Galaxy, anche se di grandi nomi comunque nella Lega ne girano pochi, eccezion fatta per i 35enni Schelotto (argentino, ex idolo del Boca Juniors ora a Columbus), e Cuauthemoc Blanco (centrocampista messicano, a Chicago). Emuli dei vari Zenga, Donadoni, Matthaeus, Valderrama, arrivati senza troppa fortuna a metà anni Novanta. Per il resto, onesti operai della pedata da tutto il mondo: Giamaica, Sud Africa, Nigeria, Scozia, Svizzera…

Passione in rosa – Diverso, e più ampio, l'interesse per il football/soccer in gonnella. Il calcio è considerato negli Usa sport che ben si adatta alle donne, che ricambiano tanta attenzione a suon di risultati (vedi, ad esempio, l'oro olimpico conquistato a Pechino2008, superando in finale 1 a 0 il Brasile!). Fondamentale il ruolo propulsivo delle "soccer mums", le mamme che accompagnano le loro figliole ad allenamenti e partite, creando una cultura calcistica di buon livello nelle famiglie a stelle e strisce.

Tifosi latinos – Il problema però, finora, è stato quello di conquistare il pubblico maschile, quello nella fascia tra i 18 e i 40 anni, considerato il più appetibile dagli sponsor. A colmare la lacuna le schiere di "latinos", i circa 30 milioni di cittadini americani di origine centro-sudamericana che nel calcio riscoprono le proprie origini. Ma, nel confronto con basket, baseball, football americano e hockey, il soccer è ancora oggi vissuto come lo sport di "immigrati ispanici e donne".

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