Muso puntato verso le stelle, la missione Sts-130 guidata dal comandante George Zamka è partita con 24 ore di ritardo. Dopo un conto alla rovescia al cardiopalma, l'Endeavour ha iniziato lunedì mattina, alle 4.14 ora della Florida, il suo viaggio verso la stazione internazionale in orbita a 400 chilometri dalla terra, portando con sé il nodo 3 e la cupola, due moduli realizzati a Torino da Thales Alenia Space.
Il no go di domenica, dovuto alle nuvole basse e all'ostinarsi di un pizzico di sfortuna, aveva lasciato qui a Cape Canaveral l'amaro in bocca. Non è un'ipotesi improbabile che il volo di uno shuttle possa essere rimandato, ma questa non è una missione come le altre: l'insuccesso del 7 febbraio si è sommato al clima d'incertezza che si respira al Kennedy space center e alla rabbia dei dipendenti che ancora non hanno metabolizzato la cancellazione da parte del presidente Obama del programma Constellation per riportare l'uomo sulla Luna entro il 2020.
In questa notte ancora fredda, dal prato che ridà sugli specchi d'acqua delle vecchie paludi, la rampa di lancio dista 5 miglia. Il cronometro si ammutolisce e inizia il rumore assordante, ecco la nuvola bianca e poi i lampi arancioni nel buio pesto. Lo shuttle sembra fermo, poi si muove aggrappandosi ai booster, i razzi a propellente solido che in questa fase forniscono oltre l'80% della spinta. La colonna di fumo accompagna la navetta spaziale fino al nero della notte, quando inizia una leggera torsione, per poi riprendersi con forza.
Ed è tutto italiano il "bottino" che l'Endeavour porta con sé: il nodo 3 è un modulo che servirà per fornire ossigeno e depurare l'aria della stazione, mentre cupola è un microlaboratorio composto da sette finestre di vetro, pensato per l'osservazione della terra. Lo shuttle farà ritorno tra tredici giorni, dopo aver agganciato i moduli alla stazione spaziale. In quella data, forse, si potrà sapere qualcosa in più sui progetti di Washington che riguardano la nuova Nasa.
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