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di Guido Romeo

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In alcuni casi può dare ottimi ritorni e spin-off che vanno dall'ambiente all'energia. Oggi la nuova partita è appena cominciata con l'accreditamento di centinaia di aziende come possibili contractor per l'Eelt, il megatelescopio europeo che con i suoi 42 metri di diametro di specchio primario e un budget di 1,2 miliardi di euro ha già scatenato una competizione serrata in vista della gara che si chiuderà a marzo. «La presentazione di offerte delle aziende italiane ha sorpreso l'Eso, che sovrintende allo sviluppo di E-Elt, a tal punto da indurlo a prorogare il bando di due mesi – sottolinea Corrado Perna, responsabile delle politiche industriali di Inaf –. È inoltre importante ricordare che, visto che si tratta di un organismo internazionale fuori dalla Wto, non ci sono tetti prestabiliti sull'ammontare dei contratti per i singoli Paesi». In passato, come nel caso dello sviluppo e costruzione dell'Lbt, il Large binocular telescope del monte Graham in Arizona, negli Stati Uniti, le aziende italiane si sono dimostrate estremamente competitive facendo man bassa di quasi tutte le gare internazionali dell'Lbt, costato circa 100 milioni di euro sostenuti per il 50% da enti statali e atenei Usa, ma anche da Germania e Italia che ne hanno finanziato ciascuna il 25 per cento.

«Quello dell'Lbt è un caso particolarmente fortunato per quanto riguarda le ricadute industriali e gli spin-off – osserva Piero Salinari, astronomo dell'Inaf ad Arcetri e a suo tempo coordinatore italiano dello sviluppo di Lbt – perché ha imposto lo sviluppo di una nuova generazione di ottiche adattive che oggi sono molto richieste per tutti i telescopi scientifici, ma che si prestano anche ad altri usi». Tra le aziende di punta nelle ottiche adattive – che permettono di ottenere immagini di grande precisione contrastando la distorsione causata dall'atmosfera – si è affermato un piccolo cluster di aziende di ingegneria altamente specializzata come la milanese Bcw Progetti, oggi leader nella progettazione di ottiche strutturate; la veronese Tomelleri, che con l'Osservatorio di Arcetri ha sviluppato i supporti idrostatici per le 700 tonnellate dell'Lbt; la Ads International di Lecco, che ha progettato i sistemi di rotazione dell'edificio e di supporto degli specchi. «Lo sviluppo di queste competenze è il risultato di un trasferimento tecnologico inevitabile – osserva Salinari – perché l'Inaf non ha strutture ingegneristiche così avanzate per la progettazione».
Una necessità che ha permesso ad alcune aziende italiane di entrare in un mercato in crescita. «Le grande industrie come Zeiss oggi possono fare parti delle ottiche dei telescopi, ma non sono più attrezzate per completare tutto il progetto – osserva Salinari – e le competenze di queste Pmi di punta italiane sono molto apprezzate». L'Italia ha diverse imprese impegnate in contratti per 10 milioni di euro con Eso per lo sviluppo di altri prototipi basati sulle tecnologie dell'Lbt. Tra queste la Microgate di Bolzano, che ha sviluppato l'elettronica per il controllo degli specchi secondari adattivi di Lbt e Ads, che ha partecipato alla progettazione insieme all'Inaf.

Un passo che ha successivamente permesso a entrambe le aziende di concludere un accordo per lo sviluppo dei sette specchi del Giant Magellan Telescope in progettazione, per un totale di 40 milioni. Si tratta di tappe importanti perché la realizzazione dello strumento vero e proprio, potrebbe portare a contratti da centinaia di milioni. Ma gli spin-off delle stelle toccano anche altri settori. Ad esempio quello dell'osservazione della Terra, un settore in piena espansione per la mitigazione e la prevenzione dei disastri naturali al quale l'Agenzia spaziale europea è molto interessata, ma anche le energie alternative. «Grazie a un progetto da 600mila euro della Regione Toscana per il progetto Star (solare termodinamico ad alto rendimento) – sottolinea Salinari – stiamo sperimentando i cosiddetti specchi "di gomma" usati nei telescopi astronomici per concentrare la luce in un impianto solare termodinamico».

Il solare termodinamico, come quello sviluppato dall'Enel con il progetto Archimede a Siracusa, è oggi la tecnologia più efficiente per lo sfruttamento dell'energia solare, ma presenta costi per kW ancora 2-3 volte superiori a quelli dei combustibili fossili. Il problema è infatti la perdita di efficienza causata dallo spostamento del Sole che provoca un continuo cambio dell'angolo di incidenza e dei raggi luminosi e una minore raccolta di energia. Tuttavia l'impiego di un concentratore solare composto da ottiche adattive ispirate ai telescopi, ma decisamente low-cost, permetterebbe di mantenere il fascio di luce concentrato al massimo per tutta la giornata, moltiplicando l'efficienza degli impianti e portando il costo del kW solare in linea con quello prodotto con le energie fossili. Star mira ad avere 10 metri quadri di impianto prototipo funzionante entro la fine dell'anno, ma per molti l'idea del concentratore è già la quadratura del cerchio, tanto da sollevare l'interesse della Ronda Hi-Tech, una delle aziende di maggior spicco nello sviluppo del progetto Archimede.

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