Il rinvio del passaggio al digitale in Lombardia, Piemonte orientale al secondo semestre dell'anno ha motivazioni politiche e tecniche. Non c'è dubbio che le prime siano quelle prevalenti: l'attuale Governatore, Roberto Formigoni, e lo schieramento che ne sostiene la riconferma, con buone probabilità di successo, vuole evitare un caso Roma in piena campagna elettorale. Evitare quello che in qualsiasi paese con un sistema televisivo pluralista sarebbe diventato uno scandalo nazionale.
Molti cittadini romani hanno a tutt'oggi difficoltà a sintonizzare in particolare i canali della Rai, da quando si è spento il segnale analogico. Le emittenti locali laziali lanciano grida d'allarme e non esagerano (dovevano magari pensarci qualche anno prima). E ora, come tutti, i cittadini del Lazio devono pagare il canone... Ecco, allora, il rinvio a dopo le elezioni e dopo i mondiali di giugno. Prima dei mondiali ma sempre dopo le elezioni si spegnerà il segnale analogico di Rai2 e Rete4 nelle aree interessate (Piacenza spegne con la Lombardia, Mantova con il Veneto). L'intera area padana, insomma, spegnerà il segnale analogico tra settembre e dicembre di quest'anno e, a quel punto, quasi il 70% della popolazione riceverà solo la tv digitale.
Un rinvio politico che potrebbe permettere di affrontare meglio alcuni problemi tecnici. Per il secondo semestre dell'anno, infatti, dovrebbe essere pronto il Piano di assegnazione delle frequenze digitali da parte dell'Agcom. Finora la transizione è stata fatta assegnando le frequenze senza un Piano che dica quali debbano andare alle tv nazionali, quali alle tv locali, quali devono essere le cinque nazionali da assegnare con procedura pubblica.
Aspettare il Piano sarebbe stata "cosa buona e giusta" anche nel Lazio e in Campania, regioni che presentavano un alto numero di emittenti locali, con la complicazione di una Rai che ha ottenuto, nelle due regioni, cinque-sei frequenze diverse per trasmettere un solo multiplex (e questo è il problema principale da risolvere per approvare il Piano dell'Agcom). I cittadini italiani, evidentemente, non sono tutti uguali.
In ogni caso, gli squilibri - in risorse, diritti, numero di reti digitali - e le diseconomie del sistema televisivo restano immutati anzi peggiorano, quali che siano i tempi di una transizione. A pagare, come al solito, sono i soggetti più deboli, a partire dalle tv locali.