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di Alessandro Longo

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15 ottobre 2009

Prove tecniche di trasmissione in 3D. L'industria dei media s'impegna a migliorare questa tecnologia, con un duplice scopo. «Da una parte, tenere bassi i costi, perché non crediamo che il 3D porterà ricavi extra all'industria», dice John Stone, general manager di Sony Bprl (Broadcast and professional research lab). Dall'altra, eliminare problemi come mal di testa e fastidio agli occhi. È pensiero comune che questi effetti siano conseguenza inevitabile del 3D, ma in realtà «compaiono solo quando ci sono stati errori nella produzione o nella proiezione dei contenuti», aggiunge. È un nodo che verrà presto al pettine. Il mercato sta per porre infatti sfide crescenti alla tecnologia.

«I film 3D, sempre più numerosi, e i videogame 3D, ormai imminenti, accelerano l'arrivo anche di trasmissioni in tre dimensioni – continua Stone –. Hanno fatto test, al pubblico, BSkyB, Orange, Bbc e varie emittenti americane. Anche con programmi in diretta: concerti, partite. Su questi contenuti la tecnologia deve raffinarsi, per evitare errori». Perché l'utente non abbia fastidi ogni inquadratura 3D deve essere confortevole per gli occhi; nei programmi in diretta, eventuali errori nell'immagine devono essere corretti in tempo reale dall'intelligenza dei proiettori. Sony ha mostrato alla stampa nei laboratori di Basingstoke (Regno Unito), dove c'è il centro europeo di ricerca e sviluppo, quanto sia facile fare un 3D fastidioso agli occhi. Per prima cosa, in base all'esperienza Sony, bisogna evitare parallassi verticali (e usare solo quelle orizzontali) per simulare l'effetto 3D. Costringono infatti gli occhi a posizioni innaturali e troppo faticose da sostenere. Il tutto è complicato dal fatto che, oggi, per riprendere immagini in 3D il metodo più usato è quello della doppia telecamera: basta che tra le due ci siano piccole differenze e il 3D è imperfetto. Ed è facile avvenga con programmi in diretta: differenze nei colori, nell'allineamento delle telecamere, nello zoom o nella messa a fuoco.

L'illusione del 3D è un giocattolo delicato. Dalla prova sul campo nei laboratori di Sony, si è visto che ci sono problemi anche se a un occhio arrivano più informazioni che all'altro. «Se appare del testo in primo piano rompe l'illusione del 3D». E bisogna stare attenti anche a fare transizioni graduali: gli oggetti non possono cambiare di piano – dietro e poi davanti lo schermo – troppo rapidamente. C'è insomma tutta una tecnica di regia da teorizzare, e imparare, per il 3D. Sony prova a semplificare le cose, annunciando una telecamera singola per creare scene in 3D (ne ha una anche Panasonic). Utilizza tre obbiettivi. Come se non bastasse, però, un contenuto 3D può risultare perfetto su uno schermo e dare problemi su un altro. Dipende dalle dimensioni. Ecco perché se si esce dal cinema con il mal di testa, la colpa può essere dello schermo non compatibile. Problema acutizzato se lo spettatore siede nelle prime file. Insomma, gli sforzi dei singoli attori del 3D non bastano a risolvere i problemi: serve un impegno corale dell'industria, per affermare formati standard. Ci stanno lavorando vari gruppi (Hdmi, Smtpe e Bluray disc association). Nel frattempo, il fenomeno va avanti lo stesso: secondo l'ultimo conto (agosto 2009), ci sono 5.430 proiettori 3D nei cinema, nel mondo. Sony annuncia la sua prima tv 3D, per l'estate 2010. Lo stesso stanno facendo Samsung, Philips, Panasonic, Lg, tra gli altri.

15 ottobre 2009
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