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Commercio elettronico, un settore che non conosce la crisi

di Gianni Rusconi

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14 maggio 2009

In tempi di crisi l'attività on line di imprese e consumatori non si ferma. Anzi. Nella cornice di Palazzo Mezzanotte in Piazza Affari a Milano, va in scena oggi il Netcomm e-Commerce Forum, evento che fa il punto in lungo e in largo dello stato di salute del commercio elettronico "made in Italy", le nuove tendenze, il gap ancora evidente con i principali Paesi europei e la fondamentale importanza di Internet quale canale complementare (di vendita o acquisto) alle operazioni condotte off line. Un primo messaggio forte che emerge dall'analisi è questo: l'e-commerce si conferma in controtendenza rispetto alla recessione economica generale.
Messaggio enfatizzato da Roberto Liscia, Presidente di Netcomm, che sottolinea in proposito come "nel contesto dello scenario internazionale, il commercio elettronico ha svolto un ruolo di importante acceleratore per le economie nelle quali ha avuto un maggiore sviluppo, aprendo nuovi sbocchi per l'occupazione e rilanciando settori della produzione e del commercio in mercati prima di allora inaccessibili. È, quindi, necessario, se non addirittura urgente, in considerazione della congiuntura economica negativa che stiamo attraversando, agire abbassando le barriere culturali, causa della sfiducia dei consumatori e delle imprese nei confronti di Internet come canale distributivo, sviluppando le infrastrutture necessarie per la crescita dell'e-commerce e consolidando l'impianto normativo a sostegno di questo settore". Il settore sta crescendo ma i limiti alla sua definitiva maturazione, sembra di capire, non sono ancora stati superati del tutto. Emblematico in proposito il fatto che il commercio elettronico B2C (business to consumer) è una minima parte delle transazioni economiche che avvengono in Rete, la maggior parte delle quali (circa i quattro quinti del valore complessivo del mercato) sono concluse tra imprese o Enti pubblici

Italia indietro, ma crescerà del 30% all'anno fino al 2011
Lo sviluppo dell e-commerce è possibile solo un sistema Paese garantisce l'accesso a Internet in modo capillare e in banda larga. L'Europa in tal senso ha fatto passi da gigante – si stima che entro il 2010 il 55% delle famiglie avrà accesso ad Internet, con una crescita del 45% del tasso di penetrazione rispetto al 2006 – e i risultati di questo percorso di digitalizzazione sono evidenti: il Web è infatti il canale di vendita che ha registrato il maggior tasso di crescita negli ultimi tre anni
(soprattutto per alcune tipologie di beni/servizi come elettronica e turismo) e tale popolarità è in gran parte dovuta alla percezione dei consumatori di poter ottenere on line prezzi migliori. La tendenza è consolidata e porterà in futuro a uno sviluppo significativo dei "retailer" di generi alimentari in Rete e un ulteriore coinvolgimento delle imprese in attività di marketing virale (contenuti pubblicitari ovviamente compresi) finalizzate all'interazione diretta con gli utenti Internet.
Scorrendo i numeri presentati da NetComm, si possono fare confronti sulle dinamiche di questo settore fra Europa e Stati Uniti, patria per eccellenza dell'e-commerce. In Europa (i dati sono tratti dall'Observateur Cetelem 2007, Internet World Stats 2009) il giro d'affari crescerà dai 130 miliardi di euro del 2007 ai 270 miliardi previsti entro il 2011 in virtù di un tasso di crescita composito annuo del 30%; le vendite on line negli Usa passeranno invece nello stesso periodo da 180 a 315 miliardi con un incremento medio nei dodici mesi del 15%. Entrando nel dettaglio della situazione europea i dati rivelano come (a fine 2007) il 70% del fatturato fosse concentrato in tre soli Paesi - Francia, Germania e Regno Unito – a testimonianza di un diverso approccio sistemico al fenomeno. L'Italia, per l'appunto, presenta sì i più elevati tassi di incremento fino al 2011 (+30%) ma parte da una dimensione del mercato (cinque miliardi di euro) pari a un decimo di quello inglese, un sesto di quello tedesco e un terzo di quello francese. L'e-commerce italiano, in altri termini, rappresenta allo stato attuale in valore solo il 3% di quello continentale e lamenta tassi di penetrazione notevolmente inferiori a quelli registrati negli Stati Uniti e nel resto d'Europa; per contro ha prospettive di sviluppo percentualmente superiori.

Nella fotografia scattata da NetComm, il volume di "transato" on line in Italia deriva per il 65% da vendite di servizi – il turismo, che contava per circa il 50% sul totale fatturato e-commerce nel 2007, e assicurazioni - sebbene la quota di investimento maggiore è destinata ai prodotti, in special modo per la casa e l'arredamento. Quanto spendono mediamente sul Web gli italiani? La media è poco superiore ai 32° euro, un dato che la dice lunga sulla reale propensione di acquisto per via telematica della maggioranza degli internauti (ormai 20 milioni) del Belpaese. In Italia, infatti, coloro che hanno effettuato almeno un acquisto on line nell'ultimo anno per uso personale ( i cosiddetti "e-buyer", circa 150 milioni in tutta Europa) sono circa l'11% degli utenti Web, una percentuale molto al di sotto della media continentale, arrivata a fine 2008 al 34%. Peggio degli italiani, quanto a fedeli adepti dell'e-commerce, solo greci e portoghesi.

14 maggio 2009
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