É uscito da Adelphi un romanzo travolgente che sfodera ironia, sarcasmo, scetticismo, cinismo, alcune toccanti note sentimentali e una particolare spregiudicatezza stilistica: una scrittura tutta digressioni ed eclettismo che in realtà è una visione del mondo fondata sulla buona probabilità che la vita sia un inaudito non-sense.
Ne è autore lo scrittore canadese Mordecai Richler, la cui identità ebraica sta già tutta nel nome. La versione di Barney è quella che l'io narrante dà della propria esistenza scombinata, dissipata, un po' estrema ma anche un po' conformista, insomma assolutamente egocentrica. Il suo dipanarsi nel tempo è Barney medesimo a narrarlo, con il tono di chi è di fronte all'ennesimo whisky, in risposta all'autobiografia di uno dei suoi più acerrimi nemici.
Il filo degli accadimenti, ingarbugliato come le vite di molti, si snoda dalla gioventù alla vecchiaia, dal vigore delle forze fino ai primi sintomi di un morbo di Alzheimer che può essere interpretato come metafora della farragine intellettuale, in questo caso particolarmente eloquente, tragico e grottesco insieme. E fra le tappe più eclatanti di questa esistenza, fra le smaglianti seduzioni europee e le angustie dei provincialismi canadesi, possiamo imbatterci in una gioventù parigina tumultuosa e, ovviamente, bohémienne - quando Barney voleva fare l'americano a Parigi in vesti di scrittore -, in una carriera nel mondo delle sit-com televisive, in tre matrimoni tutti rigorosamente falliti, nel suicidio quasi grottesco della prima moglie che, per caso altrettanto bizzarro, diventa famosa post-mortem, in tre figli la cui presenza è quasi occasionale, e, al centro, come uno spartiacque più surreale che tragico, in un'altra morte, quella del suo più caro amico, che sparisce nel lago, nel bosco o chissà dove, subito dopo che Barney l'ha sorpreso a letto con la sua seconda moglie, una petulantissima, insopportabile ebrea piccolo-borghese dalla quale lui stesso stava fuggendo.
É questo lo "scandalo" della sua vita, è di questa morte che viene incolpato, forse ingiustamente. Non lo sapremo mai perché la sua versione delle cose a un certo punto comincia a sconnettersi, insieme al suo cervello. Ma forse non è questo il vero motivo. Il fatto è che non c'è spiegazione a ciò che accade, suggerisce l'autore con il ghigno di chi se ne infischia di tutto, anche di se stesso. E così il nostro cinico e fragile eroe finisce in solitudine, nella condizione di ogni essere umano si direbbe, se volessimo prenderlo sul serio. In realtà è lo stato in cui l'ha lasciato la terza moglie, una donna solare e splendida che dopo aver accudito i figli e quel marito bambino, a quasi sessant'anni se ne va. Per colpa di un tradimento qualsiasi. Le pagine in cui quell'amore declina sono bellissime, vere e ineluttabili come gli amori che finiscono. É proprio uno dei loro tre figli a ritrovare il brogliaccio in cui Barney ha provato a dare la sua versione; è lui a chiosare, appuntare, chiarire, a mettere ordine là dove è davvero impossibile. Ma i figli non possono correggere le vite dei padri. Forse, ovunque si trovi, Barney sta ridendo anche di lui.
(Traduzione di Matteo Codignola)
Mordecai Richler, La versione di Barney
Adelphi, Milano 2000
pagg. 490, L. 34.000.