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Tarantino: «Coi film riscrivo la storia»

di Boris Sollazzo

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21 maggio 2009
Brad Pitt, Diane Kruger e Quentin Tarantino ieri a a Cannes (AFP)

NON SOLO QUENTIN - Proiettata ieri la commedia «Les herbes folles» di Alain Resnais: il maestro francese mancava dal festival da 30 anni

Difficile immaginare accoppiata più diversa. Quentin Tarantino rutilante, carnevalesco, eccessivo, amante del cinema di genere, meglio se sottovalutato o insultato in passato. Alain Resnais signore, in tutti i sensi, del cinema, dai ritmi compassati e l'estetica classica, intimista e delicato quanto l'altro è fracassone e "cattivo".
Si uniscono nel programma di Cannes, che li ha messi nello stesso giorno e nel non sembrare entrambi all'altezza delle aspettative di critici e appassionati. Resnais in Les herbes folles racconta una storia molto particolare, lo scippo di una donna che odia gli uomini, dopo una bella giornata di compere. Un pretesto per quello che può sembrare un thriller ed è invece una sonnolenta commedia sull'irrazionalità della vita e degli uomini, un incontro sgradito con sfumature ossessive tra la donna e l'uomo che le ritrova il portafoglio. I suoi soliti toni poetici si innestano, con la grazia che questo grande maestro non perde mai, in un contesto di comportamenti assurdi, lasciandoci un film minore e inconcludente. E forse lo sa anche lui, dal momento che ha affermato, divertito: «Ho subito amato questi due personaggi, la vitalità incrollabile che mettono in questa continua e irrazionale rincorsa all'errore. Il che spiega il titolo, mi riferisco a quelle erbe che nelle città piene d'asfalto trovano crepe e posti folli in cui crescere».
Resnais mancava da 30 anni (dal bellissimo Mon oncle d'Amerique) dal concorso cannense, ma non entusiasma. Così come Inglorious Basterds (nelle sale italiane da ottobre) di Quentin Tarantino, ormai padrino del festival. Già Palma d'oro con Pulp Fiction, scoperto due anni prima con Le iene, torna qui con ogni pretesto: semplice accreditato (è qui dall'inizio e non perde una proiezione degli "avversari") lezioni di cinema, presidenze di giuria (fu lui a consegnare la Palma più discussa degli ultimi 20 anni, quella a Michael Moore), ovviamente film in concorso.
Dopo aver divertito e intrattenuto l'anno scorso col progetto Grindhouse, ecco l'attesissimo Inglorious Basterds. Ne parla da sempre, lo ha rinviato spesso e malvolentieri, sembrava il progetto della vita, il suo capolavoro, lo sguardo originale di un ragazzaccio su miti, icone, memoria storica della seconda guerra mondiale. È invece "solo" un film di Tarantino riuscito male, privo della solita verve e di quelle caratteristiche che hanno attirato addosso a questo ex commesso di una videoteca amore e odio di tutto il mondo cinematografico, rimane solo la prolissa verbosità di personaggi che sono tutti ben tratteggiati, ma incompleti e inconcludenti. Eppure gli spunti visivi e narrativi sono di alto livello. La prima scena è un piccolo capolavoro sulla crudeltà nazista e il sistema di rastrellamento degli ebrei, ci regala un pezzo di cinema. E il sottofinale, la volontà e il piano per eliminare tutte le alte gerarchie naziste, la personale Operazione Valchiria dell'incantevole Melanie Laurent, era un'occasione unica. «Volevo usare il cinema come amo di più, come un posto in cui tutto è possibile, anche cambiare la storia, modificare i destini di una guerra. Dare corpo a una giusta fantasia di vendetta ebraica con una storia stravagante ma verosimile, vedere morire tutti quei mostri, da Hitler a Goebbels».
Eli Roth, regista horror, amico e tra i figli prediletti, insieme a Robert Rodriguez, della factory produttiva e creativa targata Tarantino, conferma. «Un sogno kosher, io sono ebreo e sono cresciuto con la fantasia impossibile di poter tornare indietro nel tempo e uccidere Hitler». Entusiasta Brad Pitt – qui anche in pose mussoliniane, la sua verve comica cresce sempre di più – che ricorda «una notte passata con Quentin a discutere del film. La mattina dopo eravamo circondati da cinque bottiglie di vino e tante idee. Sei settimane dopo avevo su l'uniforme». Disegnata, come parte dei costumi, dalla Belstaff, organizzatrice, peraltro del party in cui cast e invitati esclusivi si sono goduti gli applausi del Gran Teatro Lumière. Tarantino e Cannes, una storia d'amore non rovinata neanche da una delle peggiori opere della sua carriera.

21 maggio 2009
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