Nell'universo della musica popolare c'è una specie di comandamento non scritto: guardati dal quarto album in studio. Difficilmente sarà un capolavoro, soprattutto se i primi tre hanno convinto la critica e venduto tanto. Gli esempi recenti sono innumerevoli e tali da spaziare dai Radiohead agli Oasis. L'ottima Norah Jones, a quanto pare, deve essersi posta il problema con «The Fall», vero e proprio giro di boa della sua produzione. Salta subito all'occhio che intende cambiare registro rispetto a quanto ci ha fatto ascoltare fino al precedente «Not too late» e allora nuovo gruppo (non più la Handsome Band del suo ex compagno), nuovo approccio al pianoforte e, soprattutto, nuovo suono: se ne va quasi del tutto la vena country dei suoi lavori più ispirati, compare un uso quasi impertinente dell'elettronica. Esemplare, in questo senso, il primo singolo «Chasing Pirates», meno orecchiabile di quanto ci si sarebbe aspettati. Sulla stessa falsariga le prime sei tracce, tutte sperimentali, concepite per disorientare i fan più affezionati. Da «It's gonna be» in poi, però, ci si sente di nuovo a casa e il blues lenisce le ferite di chi, in questi anni, ha viaggiato tanto e probabilmente sofferto altrettanto. Superba «Man of the hour», con la Nostra che incontra la persona giusta e le chiede di essere il suo unico amore… della successiva ora.
Norah Jones, «The Fall», Emi Blue Note Records