Probabilmente è la più grande attrice del cinema statunitense contemporaneo e quella che detiene il record, quasi certamente imbattibile, di nomination agli Oscar (con quella di quest'anno per «Julie & Julia» in tutto sedici). Versatile, camaleontica, capace di trasformazioni fisiche sorprendenti e maestra di accenti e sfumature, è in grado di interpretare qualunque ruolo, con tale eccesso di perfezionismo da scivolare qualche rara volta nella maniera. Ha brillato sia in tv sia in teatro, ma soprattutto al cinema, dove ha debuttato in un piccolo ruolo in Julia di Fred Zinnemann nel 1977. Inizia poi la stagione di grandi film: «Il cacciatore» (1978), «Kramer contro Kramer» (1979, primo Oscar vinto, come non protagonista), «La donna del tenente francese» (1981), «La scelta di Sophie» (1982, sua seconda statuetta, questa volta come protagonista), «Silkwood» (1983), «La mia Africa» (1985). Dopo un periodo di parti un po' meno soddisfacenti negli anni Novanta, se si eccettua la sua Francesca del meraviglioso «I ponti di Madison County» (1995) di Clint Eastwood, dal 2002 con «The Hours» è ritornata a interpretare ruoli di spicco, mettendo in luce più di recente, in film come «Il diavolo veste Prada», «Mamma mia!» e l'ultimo «È complicato», il suo lato brillante. E un ruolo di tale tipo è quello che le ha fatto ottenere la nomination quest'anno per «Julie & Julia», dove si cala magistralmente nei panni di Julia Child, regina dei fornelli ammaliata dalla cucina francese e autrice nel 1961 di un libro di ricette famosissimo negli Usa. È la più diretta avversaria di Sandra Bullock in questa edizione, e un Oscar ci starebbe bene, visto che l'ultimo che ha vinto risale a ventotto anni fa.