Che non sarebbe stata una notte memorabile per il cinema italiano, lo si sapeva. Non avevamo, questa volta, registi come Benigni o Salvatores pronti ad agguantare la mitica statuetta. Nè si leggevano titoli nostrani tra le pellicole che si contendevano l'Oscar. Non ci aspettavamo trionfi, insomma. Potevamo, al massimo, sperare di portarci a casa qualche premio "secondario".
Aldo Signoretti e Vittorio Sodano, dati da più parti (soprattutto da noi, per la verità) come favoriti per il miglior trucco, accendevano le prime speranze. Dopo tutto, loro due avevano trasformato Toni Servillo nel Giulio Andreotti di Il Divo di Paolo Sorrentino. E, invece, al momento dell'apertura della busta è arrivata la doccia fredda. Il trio formato da Barney Burman, Mindy Hall, Joel Harlow, autori del make up dell'ennesima puntata di Star Trek, ha soffiato la statuetta ai nostri.
A ripagare i cinefili italiani della delusione ci ha pensato però, poco dopo, Mauro Fiore, direttore della fotografia in Avatar. E il 46enne calabrese, emigrato negli Stati Uniti quando aveva appena sette anni, ha rivolto subito un pensiero al suo Paese: «Grazie ai miei genitori Lorenzo e Romilda – ha detto mentre riceveva l'Oscar- che sono venuti dall'Italia con quattro valigie e un sogno. Un gran saluto all'Italia, viva l'Italia, un abbraccio».
Il successo, Fiore, l'ha inseguito per anni in America, rimanendo negli Stati Uniti, prima a Chicago e poi in California, anche quando i genitori rientravano a casa. Al suo attivo, ad oggi, può vantare una ventina di film, tra i quali Training Day, The Island, La vendetta di Carter. La sua vittoria regala un giorno da capitale del cinema a Marzi, in provincia di Cosenza, incredibilmente città di origine anche di un altro italo-americano in lizza nella notte degli Oscar. Sempre da qui vengono, infatti, i nonni di Stanley Tucci, candidato come miglior attore non protagonista e superato da Christoph Waltz, lo straordinario e inquietante "cacciatore di ebrei" del film di Tarantino.
Per il resto, Alessandro Camon in coppia con Oren Moverman è stato battuto nella competizione per la sceneggiatura, vinta da Mark Boal, che aveva fatto segnare il primo punto della serata per The Hurt Locker.
Un'ultima soddisfazione, infine, è arrivata con Michael Giacchino. L'italo-americano, già candidato nel 2008 con Ratatouille, ha conquistato l'Oscar per la miglior colonna sonora realizzata per il film d'animazione Up. «Il cinema non è un perdita di tempo- ha detto- quando ero piccolo i miei genitori mi hanno sempre sostenuto. Molti ragazzi non hanno lo stesso sostegno che ho avuto io. A loro dico: credeteci». E davvero Giacchino possiamo considerarlo un connazionale, visto che, seppure nato nel New Jersey (ma con nonni abruzzesi), ha ottenuto la cittadinanza italiana giusto l'anno scorso.