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Ma al Sud si è più stupidi?

di Guido Barbujani

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14 marzo 2010


Nel numero di gennaio della rivista «Intelligence», Richard Lynn, psicologo nordirlandese, ha proposto una tesi che fà discutere: il sud dell'Italia è più povero del nord perché i suoi abitanti sono meno intelligenti, e al sud sono meno intelligenti perché nel corso della storia si sono mescolati con gli africani, che sono ancora più stupidi. È una tesi che va presa sul serio, se non altro per le conseguenze esplosive che avrebbe se si dimostrasse fondata. Vediamo allora da dove viene. Lynn ha cominciato calcolando quozienti d'intelligenza, i famosi QI. In realtà non li ha proprio calcolati: per fare prima ha preso i test del PISA, il programma della OCSE per la valutazione degli studenti, e ha scoperto che Veneto, Trentino e Friuli stanno un pelo sopra la media OCSE, che è 509, mentre tutto il resto d'Italia sta sotto, e la Sicilia molto sotto. Tramite una formula che non si premura di spiegare ha trasformato queste misure di successo scolastico, che come sappiamo dipende da tanti fattori, in misure di QI, cioè in qualcosa che secondo lui è congenito ed ereditario. Poi ha preso vari indici di scolarità, reddito, statura e mortalità infantile, e ha visto che sono correlati col QI. «Ergo – dice Lynn – al sud ci sono redditi inferiori, si muore di più da bambini, si va a scuola di meno, e addirittura si è più bassi, perché si è meno intelligenti». Siccome poi ha letto che in Europa molte caratteristiche genetiche sono distribuite a gradiente da sud a nord (dal Paleolitico in poi, è dal Medio Oriente che sono venuti i nostri antenati) ha puntato il dito sugli immigranti africani, a suo dire notoriamente poco intelligenti. È colpa loro, dei loro geni scadenti. Piano però: qualcosa non quadra. Anzi, parecchio. Intanto, chiunque abbia un po' di familiarità con la statistica sa che è facile trovare delle correlazioni, ma scoprire le cause dei fenomeni è una storia diversa. Il consumo mondiale di Viagra è inversamente correlato con la produzione di camion in Svezia: uno cresce, l'altra cala. Chi però sostenesse che i farmaci contro l'impotenza si diffondono a causa della crisi dell'industria camionistica (o viceversa) sarebbe prima o poi costretto a sostenerlo dall'interno di una camicia di forza. Quindi non si capisce cosa renda Lynn così sicuro che gli scarsi QI siano la causa, e non l'effetto, della povertà e dei bassi livelli d'istruzione (sulla statura, lasciamo perdere).

E chi l'ha detto poi che gli africani sono meno intelligenti degli altri? Ma sempre Lynn, nel suo libro Differenze razziali nell'intelligenza. Se lo si sfoglia, i dubbi però aumentano. Tutta l'Africa, ogni singolo paese, ha QI bassi e uguali: Ciad, Sudan, Somalia… paesi in guerra, chi mai sarà andato a fare dei test in ognuno di loro? E poi i conti non tornano. I dati del PISA sono in rete, e non dicono quello che dice Lynn. La media OCSE, dicevamo, è 509 punti e l'Italia, con 511, ci sta un po' sopra. Ma come è possibile, se secondo Lynn in tutte le regioni tranne tre, i nostri studenti sono ben sotto la media? E infine: nel test del PISA i peggiori studenti sono i lussemburghesi e i norvegesi; anche Francia e Polonia sono messi peggio di noi. È sempre colpa dell'immigrazione storica dall'Africa? In Norvegia?

La psicologia moderna ha abbandonato questo tipo di analisi. Nelle intenzioni del suo inventore, Alfred Binet, il calcolo del QI serviva ad altro, cioè a individuare in che aree cognitive un bambino avesse delle difficoltà, per meglio indirizzare lo sforzo didattico. L'uso del QI per giustificare le disuguaglianze sociali e fra popoli, attribuendole a una gerarchia innata e quindi immutabile, ha avuto la sua stagione ai primi del Novecento ma è stato abbandonato per due motivi: perché è scientificamente indifendibile, e perché ha portato dritti alle camere a gas. Tutti sappiamo che non siamo tutti uguali. Sappiamo però che ci sono tante forme d'intelligenza, e riassumerle in un solo numero è, più che impossibile, insensato. Chi è più intelligente, una che gioca bene a scacchi e va male in storia, o uno che prende buoni voti ma non sa cambiare una lampadina? Capire le basi di queste differenze, che sono in parte anche biologiche, è un compito difficilissimo, ma quando ce l'avremo fatta avremo più strumenti per aiutare chi ne ha bisogno. Con questi nobili propositi, Lynn non ha niente a che fare. Non ha nemmeno provato a verificare seriamente un'ipotesi: ha solo ribadito, condendoli con calcoli strampalati, i suoi personali e sciocchi pregiudizi.

14 marzo 2010
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