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11 aprile 1953: scoppia lo scandalo Montesi

di Marco Innocenti

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10 aprile 2009

Inviato del «Sole 24 Ore» e autore
di numerosi libri sugli eventi mondiali
e sul costume del nostro Paese,
Marco Innocenti racconta i grandi fatti
del passato e come l'Italia li visse


Sabato 11 aprile 1953, vigilia di Pasqua, in un piovoso pomeriggio di primavera, una ragazza evasa dal grigiore dell'ambiente familiare viene trovata morta sulla spiaggia di Tor Vajanica, vicino a Ostia. Si chiama Wilma Montesi: l' "affaire" più incandescente della Repubblica porterà il suo nome.

Una ragazza come tante
Wilma ha vent'anni, è alta, bruna, prosperosa, seno vistoso, lineamenti rotondi, avvenente e formosa secondo il modello del tempo, una popolana moderna, una Lollobrigida dei poveri. È una ragazza come tante, non cattiva ma neppure di eccelse virtù. Figlia di un falegname romano, con qualche vaga ambizione cinematografica, capita, probabilmente, in un giro di festini a base di sesso e droga e muore. Disgrazia o assassinio? Vengono a galla i retroscena ed è chiaro che c'è puzza di bruciato. Chi l'ha depositata morta sul litorale sarebbe stato Piero Piccioni, musicista di valore, donnaiolo pallido e inquieto, fidanzato di Alida Valli e, soprattutto, figlio di Attilio, pezzo grosso della Dc. Messi insieme, padre e figlio, sono un bersaglio grosso come una casa. E il caso Montesi diventa un match senza esclusione di colpi.

La politica
Si scontrano due manovre: quella della polizia che tenta di insabbiare e quella di qualcuno (i giovani turchi della Dc?) che soffia sul fuoco per screditare Piccioni e la vecchia guardia. La stampa si scatena, cavalcando lo scandalo e coinvolgendo anche il marchese Ugo Montagna, proprietario della tenuta di Capocotta dove si sarebbe tenuta l'orgia fatale. Emergono testimonianze clamorose, come quella di Anna Maria Moneta Caglio, elegante milanese di buona famiglia, autentica primadonna del caso Montesi. L'opinione pubblica, assetata di "giustizia", partecipa indignata, ha fame di notizie e vuole i nomi dei colpevoli. L'Italia si appassiona a una storia che ha tutti gli ingredienti del romanzo d'appendice: la morte equivoca, per mano di potenti, di una ingenua ragazza del popolo, le pressioni della nomenclatura perché tutta sia coperto, le connivenze della polizia, i lunghi coltelli delle faide di partito, l'affarismo insolente degli amici degli amici.

La caccia al mostro

La caccia al mostro si fa spietata e l'affare Montesi diventa un'appassionante partita a poker con il morto. Invano l'onorevole Piccioni grida disperato all'innocenza del figlio. Il caso della povera ragazza di Tor Vajanica diventa un gioco al massacro politico e umano. Il Palazzo romano è investito dall'esplosione. La Dc subisce il contraccolpo nelle elezioni, dove perde l'8 per cento. La "legge truffa" non scatta per centomila voti e il blocco di centro, senza il premio di maggioranza, non supera il 50% dei suffragi. Per la Dc è un'atroce delusione. Il 7 giugno De Gasperi lascia il Governo e comincia a morire. Nessuno lo sa, ma già soffre del male che lo porterà alla tomba.

Tutti assolti

Piccioni, Montagna e il questore di Roma, Polito, sono arrestati nel '54 e rinviati a giudizio. Il processo Montesi terrà le prima pagine dei giornali per anni e si chiuderà il 28 maggio 1957. Tutti assolti. Per la giustizia italiana Wilma, impegnata in un pediluvio, è annegata e basta. La Repubblica è riuscita a liberarsi dei suoi slip. La verità sulla "ragazza della porta accanto" non verrà mai fuori. Una rozza croce e umili fiori campestri deposti sulla sabbia indicheranno per un po' il luogo dove era stato ritrovato il cadavere. Poi tutto sarà spazzato via e i terreni tutt'attorno, in poco tempo, raddoppieranno di prezzo. Resterà una lapide al Verano, con un epitaffio scolpito dai genitori: «Il mare di Ostia ti rapì per riportarti sulla spiaggia di Tor Vajanica».

10 aprile 2009
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