Inviato del «Sole 24 Ore» e autore
di numerosi libri sugli eventi mondiali
e sul costume del nostro Paese,
Marco Innocenti racconta i grandi fatti
del passato e come l'Italia li visse
Nell'autunno del '37, nella neonata Cinecittà, si presenta Luisa Ferida, 23 anni, all'anagrafe Luisa Manfrini, nata il 18 marzo 1914 a Castel San Pietro, nella fragranza della terra romagnola. Bruna, impacciata, focosa, Luisa è bella da morire e ha già addosso quel broncio che porterà con sé nella sua breve vita. Gli occhi sono pungenti da zingara, gli zigomi alti, i capelli color carbone, il corpo splendido, il portamento altero. In lei c'è qualcosa di erotico, di torbido e di felino, una sensualità, una rotonda carnalità da bellezza popolana, così amata dagli italiani di allora.
L'incontro fatale
Una sera di mezza estate del '39, in uno dei più eleganti ristoranti romani, cenano insieme Osvaldo Valenti e Luisa Ferida. Eccentrico, sfacciato, esibizionista, cocainomane, strenuo affabulatore, eterno vagabondo, impenitente sciupafemmine, Valenti è uno degli attori più quotati del momento, il «cattivo» dello schermo. Insolente e gentiluomo, ha lineamenti fini, da gran signore, che possono diventare arroganti, da «vattene al diavolo». Un leggero sorriso ironico gli aleggia sulle labbra. Ama il capriccio, la spavalderia, la provocazione, la trasgressione, l'avventura. Vive alla giornata, senza perché e senza guardare al domani. Luisa sembra creata dalla fantasia di un cattivo romanziere per incontrarsi con lui. Il loro sarà un amore tenace e appassionato. Osvaldo la inizierà ai libri, alle feste e alla cocaina, e le trasmetterà la sua inquietudine. Lei lo seguirà per non perderlo e perché le piace la parte; lui si confermerà un giocatore d'azzardo dai rilanci illimitati, lei diverrà prigioniera della sua personalità e gli dovrà l'amore e la morte.
La coppia
Sul set di «Salvatore Rosa» debutta la coppia Valenti-Ferida. I due hanno in comune l'amore per l'avventura e il rigetto di ogni inibizione. Convivono ai Parioli, lavorano a pieno ritmo, lei è una bellissima musa di carne (e l'attrice più pagata d'Italia), lui è un leader sullo schermo, nei vizi e nella vita. A completare il rapporto manca solo un figlio. Kim nasce, piange e muore nell'estate del '42. La sua vita di neonato asfittico si chiude dopo quattro giorni di speranze e sofferenze. Luisa è distrutta, mentre nel '43 l'Italia si spacca e batte l'ora crepuscolare di Salò.
Villa Triste
Osvaldo, che non è mai stato fascista, si schiera con la Repubblica di Mussolini a modo suo, da guascone che ama le sfide. Luisa lo segue, incapace di spegnere la luce prima che sia troppo tardi. A Milano conoscono Pietro Koch, un criminale a capo di una delle tante polizie «nere». Nasce un rapporto che sarà la loro rovina. A Villa Triste, Koch fa il torturatore di partigiani. Osvaldo e Luisa si compromettono, diventando "quelli della villa" e recitando il copione che sarà loro fatale.
La morte
La morte è in agguato. Sono due attori: lui vive nei suoi personaggi odiosi, lei è una stella che si spegne. Pagano le colpe della loro leggenda. Scontano le imprudenze commesse, la frequentazione di Villa Triste, l'esibizionismo, il presunto sadismo, che è merce d'attore. I partigiani li fucilano la notte del 30 aprile 1945, in via Poliziano. Lei avrebbe potuto lasciarlo, ma non lo ha fatto. Un comando secco e una raffica di mitra. Cadono di traverso uno sull'altra. Lui stringe in mano una pantofola azzurra di Kim. Anni dopo, l'ex capo partigiano Vero Marozin, dirà: «La Ferida non aveva fatto niente. Ma era con Valenti. La rivoluzione travolge tutti».
