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30 Novembre 1900: addio a Oscar Wilde

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29 novembre 2009

Muore di meningite il 30 novembre 1900, a Parigi, in rue des Beaux-Arts 13, all'età di 46 anni. Il giorno prima, fra lo stupore dei pochi amici, ha accettato di vedere un prete e si è confessato. Al funerale, frettoloso, quasi clandestino, partecipano solo sette persone. È sepolto al Père-Lachaise. Sulla tomba l'epitaffio è amaro: "Per gli esiliati esiste solo il pianto". L'anno prima aveva detto: "La vita non può essere scritta: può essere solo vissuta". La vita di Oscar Wilde, l'uomo che aveva ammesso di poter resistere "a tutto tranne che alla tentazione" e che a questa regola, lui impeninente trasgressore delle regole, si era sempre attenuto.


Il diverso

È fatto così. Un talento, un genio, un seduttore della parola. Irlandese, omosessuale (ma anche marito, un po' occasionale, e padre di due figli), scrittore, poeta, drammaturgo, dandy, virtuoso dell'aforisma e del paradosso, Wilde prende a frustate un mondo da cui vorrebbe carezze. Sferzante, impertinente, narcisista, trasgressivo, sconveniente, fa sistematicamente il contrario di quello che il "politicamente corretto", o semplicemente il buonsenso, indurrebbero a fare. In occasione dei suoi compleanni, si veste in gramaglie, dichiarandosi in lutto per la morte di un altro dei suoi anni. Si dedica al lavoro ma senza mai prendersi troppo sul serio, come quella volta in cui confessa che in tutta la mattina è riuscito soltanto a togliere una virgola a una sua poesia e nel pomeriggio l'ha rimessa. Adotta un'acconciatura che ricorda quelle degli imperatori romani. Vive in un clima di ambiguità e sregolatezza, alternando la tenerezza per i figli alla frequentazione di uomini, anche molto giovani. Sperpera il poco denaro di cui dispone, contraendo debiti che sa di non poter saldare. Soprattutto, viola le soffocanti regole morali della sua stessa classe sociale, provocando la reazione del mondo vittoriano, che non avrà pietà di lui.

La vita

Nasce a Dublino nel 1854 in una famiglia alto-borghese, studia nella sua città e a Oxford, compone liriche in giovane età, viaggia in numerosi paesi fra cui l'Italia, si fa notare a Londra per le sue stravaganze, visita più volte Parigi, si sposa nell'84 con Constance Lloyd ("Le donne sono fatte per essere amate, non per essere capite", è uno dei suoi tanti aforismi), pubblica nel '91 "Il ritratto di Dorian Gray", il suo capolavoro, successivamente scrive per il teatro "Lady Windermere" ('92), "Salomè" ('93, censurato in patria e rappresentato a Parigi nel '96) e "L'importanza di chiamarsi Ernesto" ('95). Il successo è enorme. I salotti se lo contendono, le sue battute passano di bocca in bocca, gli amanti si moltiplicano, come le sigarette, l'oppio e l'assenzio. L'uomo si sta rapidamente autodistruggendo.

Alfred Douglas

Nel '92 conosce il giovane Alfred Douglas, affascinante, irresistibile. I due si frequentano e si amano. Wilde rischia e lo sa. La legge è contro di lui ma l'amore per "Bosie" è troppo forte. Arrestato, processato con l'imputazione di sodomia, viene condannato nel ‘95 a due anni di lavori forzati. La società si è presa la rivincita. Esce di prigione nel '97. Non è più lui. Fatica a scrivere (compone soltanto, nel '98, il poema "La ballata dal carcere di Reading"), non ha denaro, è psicologicamente provato, beve senza freno. E' malato, il fisico non regge. Muore sotto falso nome, in terra straniera. Sulla sua tomba, per anni, le ammiratrici, che mai Wilde avrebbe ammirato, spenderanno lacrime e baci.

Il re dell'estetismo

Massimo esponente dell'estetismo, sostenitore della libertà assoluta di ispirazione e di vita per l'artista, dandy cinico ed edonista che vive la tragedia della realtà, Wilde gioca e perde una partita più grande di lui. Per lui la vita deve essere arte e il peccato elemento di progresso. "Vivere - dice - è cosa rara al mondo. La maggior parte della gente esiste e nulla più". Ma, forse, le più vere fra le innumervoli parole da lui scritte e pronunciate escono dalla ballata di Reading: "Mai vidi uomini tristi guardare con tanta ansia negli occhi l'esigua tenda azzurra che noi carcerati chiamiamo cielo e ogni nube svagata che passerà libera e beata innanzi a noi".

29 novembre 2009
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