Dopo una vita da favola muore in un sospiro, al Ritz di Parigi, il 10 gennaio 1971, il giorno più triste per chi ha scavato un fossato fra sé e il mondo. È una sagoma prosciugata, gonfia di anni. Accanto a lei solo la fedele cameriera."E' così che si muore" sono le parole d'addio. Una lezione di stile, fino all'ultimo respiro, perché lo .stile "c'est tout" e la vita è una favola da confezionare con mani di fata. È sepolta a Losanna sotto cinque teste di leone (il suo numero e il suo segno) scolpite nel marmo. Finalmente in pace in mezzo ai suoi morti.
La figlia dell'ambulante
Gabrielle Chanel, per tutti Coco, nasce il 19 agosto 1883 nell'ospizio dei poveri di Saumur, figlia di un venditore ambulante di stoffe e di una sarta di campagna. L'infanzia è umile e difficile. A 12 anni resta orfana, assistita dalle suore. A 18 impara a cucire. Lavora come commessa in un negozio di stoffe. Ha il mondo contro e lo affronta. Non si genuflette mai davanti alla vita. Ama il lavoro, ha talento. Compie i primi passi nell'ambiente della moda come disegnatrice di cappelli, poi si applica alla donna nel suo complesso, ne sottolinea la personalità, ne esalta la femminilità, la vuole elegante e raffinata ma anche moderna, sobria, a suo agio e consapevole del proprio corpo. Apre il primo negozio a Deauville nel 1913, a cui segue un salone di moda a Biarritz, due anni dopo. Coco è ormai lanciata. Creatività e sensualità la proiettano nel vento e Parigi, la capitale dello charme, l'attende.
Parigi
Siamo negli anni Venti. La guerra è archiviata. Coco diventa la numero uno e fa di Parigi il suo palcoscenico. Ha la Maison, denaro, successo, uomini, amicizie eccellenti: Diaghilev, Misia Sert, Cocteau, Stravinsky. Vive tanti amori, ma nessun matrimonio. È la scelta della donna che dice: "Costruisco un impero, ma non ho bisogno degli uomini: per me sono solo degli accessori". Ama il granduca Dimitri Pavlovic e il duca di Westminster, ma non è la donna di nessuno, nemmeno dell'adorato Boy Capel. Indossa per prima i pantaloni, come inventerà i tubini neri e i tailleur. Crea, come scrive "Vogue" nel '26, "la nuova uniforme della donna moderna".È l'arbitro dello chic. Spazia dagli abiti ai gioielli, ai profumi. Nasce nel '21 il n.5, una sua creatura che non morirà. Si stabilisce al Ritz e ne fa la propria casa. Donna fiera e orgogliosa, conquista il mondo, ma resta sola dentro, irraggiungibile Peter Pan.
Il grande ritorno
La sua è una straordinaria "success story", ma la Seconda guerra mondiale potrebbe affondarla. Coco, invece, dopo la crisi del '39, si adegua ai tempi e si rilancia. Nel '54, a 71 anni, si rimette in gioco. Ritrova tocco, gusto, amore per i dettagli, vede il suo stile scendere nelle strade, copiato nei grandi magazzini o dalle sartine della porta accanto. Il "tout Paris" la cerca e la esalta ma il suo carattere resta aspro, duro, esigente. Passano gli anni e Coco, che ha perso in freschezza, guadagna in charme. "So di non essere bella - dice - ma ho il fascino della diversità". "E non ho nessun rimpianto - aggiunge - se non di quello che non ho potuto fare". Le regole di vita della donna che ha cambiato la moda e il costume del Novecento l'accompagnano sino alla fine. Come l'irripetuto e irripetibile n.5.