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Molti villaggi tentarono di imitare Wörgl. L'esperimento incontrò però l'opposizione del Partito socialista tirolese e poi della Banca centrale austriaca, che nel novembre 1933 pose fine all'esperimento, in quanto violava il monopolio statale di emissione di moneta. Il piccolo comune ripiombò in una crisi profonda, ma l'eco degli eventi raggiunse luoghi lontani: nel 1936 la provincia di Alberta, in Canada, introdusse i Prosperity certificates, ai quali occorreva apporre un bollo da un centesimo di dollaro ogni settimana. Sistema troppo macchinoso per funzionare, ma ancora oggi è in Canada che si sta compiendo l'esperimento più radicale di Freiwirtschaft: nell'area di Grand Forks, nella British Columbia, circola il Gogo, agganciato al valore del dollaro canadese del 1980 e valido un anno.
Sistemi complementari di pagamento sono presenti in Sudafrica, Argentina, Brasile, Indonesia, anche se è nei paesi sviluppati che si sono moltiplicati. In Gran Bretagna si contano almeno 450 Lets, Local Exchange Trading Systems; in Francia a prendere l'iniziativa è stata una società di buoni pasto, Chèque Déjeuner, che ha lanciato il Sol (finanziato perfino dalla Commissione europea). Si calcola che dal 1980 siano state introdotte oltre 5mila di queste valute.
Non mancano esempi in Italia: dalla Libra dell'Università Bocconi, dedicata al mondo non profit, allo Scec nato sul Vesuvio e presto diffuso in molte parti d'Italia, fino al Credito di Damanhur, in Val Chiusella, in Piemonte, che da trent'anni sostiene una piccola eco-società spirituale. Gli economisti tendono però a non apprezzare queste iniziative. «Usare valute regionali è molto costoso - spiega Gerhard Rösl, in una ricerca compiuta per la Bundesbank, la banca centrale tedesca - e il finanziamento dell'istituto regionale non è il solo costo che i possessori di queste valute devono sostenere». Sia pure basandosi su uno schema puramente teorico, senza analisi empiriche, Rösl ritiene che l'uso di queste valute riduca il benessere complessivo.
La storia di Wörgl e la moltiplicazione di questi esperimenti dicono il contrario, ma qualche negoziante di Prien am Chiemsee sembra d'accordo: «Abbiamo accettato i Chiemgauer per tre anni, ora non più. Meno del cinque per cento delle nostre vendite sono nella valuta locale. È un sistema costoso, che richiede molto lavoro extra», spiega Josef Huber, venditore di scarpe. Con 21 Chiemgauer si ottengono infatti solo 20 euro e il 2 per cento dei ricavi va versato all'organizzazione della valuta, che fa pubblicità e stampa le banconote a prova di falsificazione. Solo i negozi più grandi e più integrati possono sostenere il sistema che, un po' paradossalmente, mostra di non essere alla portata di tutti. L'esperimento di Wörgl ebbe fortuna perché il comune permise il pagamento delle tasse e finanziò gli investimenti con i certificati di lavoro, creando la massa critica necessaria per far decollare il sistema. Non funzionano i casi in cui la valuta complementare rimane il frutto di un'iniziativa individuale, uno strumento per comunità un po' ristrette animate da ideali forti. Ma la reale utilità di uno strumento di pagamento con interessi negativi è ancora tutta da esplorare. A volte, durante l'ultima crisi, se ne è sentita la mancanza.
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