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Il buio oltre la rete

testo di Sasha Carnevali, foto di Tuomo Rainio

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25 novembre 2009

foto di Tuomo RainioChe cosa succede della nostra identità web quando si spengono le luci
sulla nostra esistenza terrena? Possiamo decidere chi e come leggerà il nostro blog
o i nostri haiku su Twitter: basta affidarsi a una delle società (ovviamente online)
che si occupano di tutelare la nostra eredità diffusa nella rete




Due metri sottoterra. Nella soffitta della vecchia casa di famiglia. In mezzo ai cherubini. Dove andrà la nostra anima quando passeremo a miglior vita, possiamo solo supporlo. Che fine farà l'altra parte intangibile della nostra persona - l'identità digitale - possiamo invece prevederlo, anzi deciderlo: basta prendere qualche precauzione in merito finché siamo ancora in grado di farlo.
Cosa sarà ad esempio del nostro blog e dei nostri haiku su Twitter quando non ne avremo più il controllo? Chi li leggerà? Fino ad oggi chi voleva immergersi nella biografia di un ca-ro estinto doveva farlo fisicamente, tra scatoloni di lettere, diari, filmini e album di foto; spesso spendeva intere settimane a cercare di ripartire salomonicamente tra gli eredi tutti quei ri-cordi. Ma ora che anche i pensionati caricano foto su Flickr e fanno testamento su YouTube, chi gli sopravviverà avrà a disposizione una quantità inusitata di memorie sempre pronta per essere condivisa con parenti e amici lontani: basterà un click. Sono finiti i tempi delle sbiadite agiografie famigliari: dei trisnonni mai incontrati i nipoti potranno conoscere le posizioni politiche, i gusti musicali, i sogni insoddisfatti e le inclinazioni più imbarazzanti. Tutto, insomma. Perché se è vero che siti e blog scadono insieme al loro abbonamento di registrazione, il motore di archiviazione Wayback permette comunque di ripescarli molto facilmente. E se non è quello che vogliamo, tanto peggio: abbiamo infatti un serio problema di persistenza dei dati, perché tutto ciò che mettiamo in rete rischia di rimanerci per sempre, soprattutto quando si tratta di social network. Rimuovere brevi chat o interi profili significa in realtà eliminare solo i link a quei file che, come esige il Patriot Act, restano comunque nello storage dei siti. Sembra allora un po' paradossale che per "tutelare" la privacy post-mortem dei suoi trecento milioni di adepti, Facebook converta i profili degli utenti deceduti in pagine "in memoriam", ovvero in una sorta di quaderno di condoglianze virtuali accessibile solo a chi già era registra-to come amico della persona scomparsa. Paradossale perché su queste pagine non sono più visibili tutti i contenuti originariamente caricati sul profilo: foto, note, aggiornamenti dello status, video. Molti lamentano a gran voce anche il fatto che per operare queste censure e trasformazioni Facebook si accontenti di una notifica di morte dell'utente trasmessa da chiunque. Famiglie in lutto hanno perso così alcuni dei ricordi più cari dei loro defunti. Anche il profilo in memoriam può svanire all'improvviso perché, di nuovo, chiunque può chiederne la totale rimozione. Il punto è quindi decidere - finché siamo su questa terra - se desideriamo che il nostro profilo, infarcito com'è di profonde riflessioni, di sciocchezze, di confessioni, di crociate per questa e quella causa, rimanga intatto a beneficio della nostra futura memoria (diffidiamo tutti quelli che conosciamo dall'avvisare Facebook della nostra dipartita, allora: ma è poco pratico). Altrimenti rassegniamoci alla prospettiva di finire nostro malgrado su uno di quei social network esclusivamente commemorativi - come GoneTooSoon.org, Respectan-ce.com, MyDeathSpace.com - tutti sfondi fluò, musica melensa, bouquet e lumini pixelati.
Sembra avere più controllo sulla sorte dei suoi dati l'utente di Yahoo! Mail, Hotmail e Gmail. I tre giganti sostengono che non cederanno ad alcuno e per nessun motivo la password per accedere al suo account di posta elettronica. In realtà, se affrontati da un avvocato che brandisca un certificato di morte e un'email del defunto diretta al richiedente, copieranno il blocco dei suoi carteggi telematici in un cd. Nel dubbio, meglio cancellare lo scambio piccante con la collega del terzo piano prima che possa causare inutili dispiaceri alla vedova.
C'è però un modo per assicurarci che ogni informazione digitale che ci riguarda vada a cadere esclusivamente nelle mani che scegliamo noi. Abbonarsi ai servizi di un'azienda co-me le americane Deathswitch, Legacy Locker o AssetLock, che operano - ovviamente - via internet. Tutte si incaricano di gestire la comunicazione della nostra scomparsa all'elenco di persone da noi fornito e di mandare a quelle specificatamente indicate, oltre a tutte le password ci che riguardano, qualsiasi informazione desideriamo tramandare: la mappa dei beni mobili e immobili, copie dell'assicurazione sulla vita e del mutuo, le combinazioni della cassaforte di casa e dell'armadietto della palestra. Si sceglie il livello di servizio che si preferisce (una sola email circolare oppure varie email con foto, video, allegati di ogni sorta) e con quale frequenza desideriamo che l'azienda controlli se siamo ancora in vita (tutti giorni, ogni due mesi, una volta all'anno?). Se non rispondiamo a una serie di solleciti (uno, due, dieci: sono contrattabili anche questi) cliccando su un link, partiranno i funesti annunci. Visto che po-tremmo essere "solo" in coma o comunque impossibilitati a reagire, si può scegliere dopo quanto tempo questi debbano essere recapitati. Un tragico errore? Deathswitch offre il bottone "Aspettate, sono ancora vivo!". Un erede frettoloso comunica di averci persi anzitempo? AssetLock propone di procrastinare l'invio di informazioni sensibili per darci l'occasione «di capi-re perché quella persona si sia comportata così», mentre Legacy Locker richiede una conferma del tristo evento a due "verificatori" di nostra fiducia, più un certificato di morte. I costi sono ragionevoli: Legacy Locker suggerisce una tariffa una tantum di 299,99 dollari o una annuale di 29,99 («Per essere competitivi ci siamo basati sul prezzo minimo per la stesura di un testamento o di una pianificazione del patrimonio: tremila dollari» dice il ceo Jeremy Toeman); l'abbonamento a Deathswitch costa 19,95 dollari all'anno, ma molte migliaia dei suoi clienti hanno optato per il servizio di base, che è gratis: un'email senza allegati che potrebbe, ad esempio, svelare il codice per aprire una chiavetta usb crittografata già consegnata agli eredi, e contenente le istruzioni per recuperare un credito su iTunes o svuotare un conto alle Cayman.
  CONTINUA ...»

25 novembre 2009
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