La mattina Viswanath e Sriram non vanno alla loro scrivania ma in una ong, a occuparsi di animali e di sviluppo. Hanno accettato l'offerta della Infosys di Bangalore, l'azienda dove sono impiegati, che di fronte alla crisi, invece di licenziare, ha deciso di concedere un periodo sabbatico a metà stipendio. A patto che si operi nel sociale
«Would you like a cup of tea?». Basta accogliere l'invito a condividere il più semplice dei riti indiani per apprezzare il cambiamento avvenuto nella vita di Viswanath Sridharan. In un qualunque altro ufficio il padrone di casa schiaccia un pulsante e un inserviente si affaccia alla porta giusto il tempo di farsi sputare in faccia un perentorio: «Chai!». E in un paio di minuti l'ospite avrà il suo tè. Di solito, con troppo zucchero, troppo latte e troppa sporcizia dove il manico si salda alla tazza.
Nella sede dell'Institute of Leadership and Institutional Development (Ilid) di Bangalore, la ong dove Viswanath sta trascorrendo il suo periodo sabbatico, le cose funzio-nano diversamente. Non c'è alcun chaiwallah a servire il tè. Mi affaccio nel cucinino dell'ufficio e, seduto su uno sgabello, trovo Viswanath alle prese con il forno a microonde e le nostre tazze. «Sei sicuro che l'unica cosa di cui senti la mancanza siano i tuoi vecchi colleghi della Infosys?», gli chiedo con un pizzico di malizia. «Effettivamente - ri-sponde con un sospiro - quelle tre filiali di Café Coffee Day che abbiamo al campus...».
È solo un attimo. Questo project manager di 29 anni sembra essere riuscito a entrare in sintonia con i grandi ideali, i piccoli budget e le sedie spaiate che fanno somigliare il non profit a quegli amori tanto intensi quanto faticosi da vivere. «Non mi posso lamentare - spiega, mentre beviamo il tè -: abbiamo un'unità di backup per quando restiamo senza corrente e un collegamento a internet abbastanza veloce. Le cose essenziali ci sono».
Tanto basta per non farlo pentire di aver accettato l'offerta rivolta dalla Infosys di Bangalore, azienda leader nell'It, ai dipendenti con oltre due anni di anzianità: prendere un periodo sabbatico di sei o dodici mesi e, a patto di lavorare nel sociale, incassare ogni mese metà dello stipendio. L'idea risale allo scorso inverno, quando la crisi econo-mica era all'apice e nel mondo indiano dell'It serpeggiava la paura di avere a libro paga più dipendenti del necessario. Un progetto che rafforza l'identità della più olivettiana delle imprese indiane.
L'approccio è eredità del fondatore della società, N.R. Narayana Murthy, che nel suo recente A better India, a better world (Penguin-Allen Lane) affronta temi complessi quali ineguaglianza, leadership e globalizzazione con un candore e un senso della giustizia che sono quasi commoventi in questi tempi. Permettendosi, dall'alto di una socie-tà con 103mila addetti e oltre 4,5 miliardi di dollari di fatturato, di scrivere «ricordatevi che non siete che dei custodi temporanei della ricchezza che generiamo [...] L'uso mi-gliore che potete farne è di condividerla con chi è stato meno fortunato di voi», senza sembrare una specie di Gandhi fuori tempo e fuori posto.
«Quando mi è stata data la possibilità di dedicarmi ad attività sociali non ho avuto dubbi - racconta Viswanath -. Non solo grazie al sostegno di mia moglie, ma anche per-ché in azienda, nonostante mi fosse stato chiesto di partecipare a tre progetti, nessuno ha mosso obiezioni. Mai le Risorse umane mi hanno fatto dubitare che un anno lonta-no dall'azienda avrebbe pregiudicato le prospettive di carriera».
Grazie a quella decisione oggi Viswanath ha davanti a sé un obiettivo affascinante: portare nel mondo indiano del non profit quel patrimonio di professionalità, attenzione ai processi e innovazione che spesso mancano. «Ho la sensazione che chi opera in questo settore - spiega - sia talmente assorto nel lavoro sul campo da trascurare aspetti organizzativi che sono essenziali. Un'azienda ha sempre un modello di business, la gran parte delle ong indiane no: c'è grande passione, ma la passione può spingerti solo fino a un certo punto. A livello di esecuzione i margini di miglioramento sono enormi».
Una lezione imparata in prima persona anche da Sriram Vepuri, 25 anni, un collega di Viswanath che ha approfittato del suo periodo sabbatico per dedicarsi agli animali feriti assistiti dalla Blue Cross di Hyderabad. «All'inizio sentivo la mancanza della macchina organizzativa della Infosys - racconta -. Quando ero in azienda e mi dedicavo alle attività di Corporate social responsibility avevo a disposizione tutto ciò di cui avevo bisogno. Qui per preparare un manifesto non si chiama l'ufficio grafico, si prendono carta e pennarello... Eppure in questo posto c'è qualcosa che dopo un po' ti fa guardare in modo diverso i piccoli lussi che ti sei lasciato alle spalle: i concetti di nascita, vita e morte non sono mai stati così vividi per me come da quando lavoro qui». Oggi Sriram vuole creare nelle prime trenta aziende del settore dell'It di Hyderabad altrettanti Animal lovers group, piccole associazioni in grado di convogliare verso ong come Blue Cross risorse preziose, soprattutto in tempo di crisi.
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