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30 ottobre 2009

Giulio Iacchetti.
Ho sempre pensato alla storia dell'arte come a una successione di modi. Recentemente, leggendo un articolo, ho cambiato idea. I diversi modi sono sempre stati contemporanei. Quello che cambia, nel corso del tempo, è la forza del potere. Ecco quindi che, quando il potere è forte e vittorioso, la voce forte sopprime le voci piccole. Quando un impero, invece, si indebolisce, anche le voci più piccole hanno la possibilità di affiorare, di emergere. È una questione di regolazione del "volume" in uscita. Oggi il volume più alto è quello che corrisponde a tre lettere: bio. Anche se io amo pensare che non sia l'unico modo possibile di progettare di questo tempo. Amo pensare alla coesistenza di più voci, all'interno del termine design. Per me progettare è una cosa naturale, come respirare. Così come è naturale per l'essere umano voler aggiornare al contemporaneo gli oggetti di cui si circonda, crisi o non crisi. Rinnova-re continuamente il parco delle idee riferite agli oggetti prescinde dalle richieste esterne o dall'andamento dell'economia. È organico alla nostra stessa esistenza il cercare una miglioria a un qualcosa di preesistente. In questo momento, ad esempio, il nostro studio sta portando avanti un grande lavoro legato alla bicicletta. Ecco, progettare attorno alla bicicletta ha in sé qualcosa di rivoluzionario, di incredibile. Implementare l'uso della bicicletta in una grande città è introdurre un fattore rivoluzionario. Per questo ritengo che, in qualche modo, tutti siano e debbano essere interessati e toccati dal design. Anche oggi. C'è veramente bisogno del design? Non è più una domanda da porsi. Nessuno di noi può scartare l'idea di utilizzare degli oggetti, di vivere, di circondarsi di cose. Anche nella situazione più minimale, la cella di un frate francescano, ci sono oggetti progettati che rispondono a determinati bisogni e a determi-nati significati. Il fatto che oggi ci sia una situazione di crisi economica non cambia il senso del design, del mio lavoro. Tutto sommato, noi designer progettiamo utensili. E questo l'uomo lo ha sempre fatto. La scelta della bicicletta "to share" di Milano è logica conseguenza di quanto sopra espresso.

30 ottobre 2009
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