Mattino, ore 10,30. Capello cortissimo, puntuale e divertito dalla nuova esperienza, Ennio Capasa arriva al ristorante di Carlo Cracco, dove la brigata di cuochi e sottocuochi è già al lavoro, come ogni giorno. L'ordine gerarchico non prevede eccezioni e ognuno sta al proprio posto esattamente come sulla tolda di una nave. Del resto tutto gira intorno alla gigantesca stufa in acciaio e granito, costruita artigianalmente dalla Matinox, ditta francese che un tempo produceva navi. Ce ne sono cinque in Europa e questa, la più grande, è nata sulle richieste precise di Cracco. Lo si potrebbe definire un lavoro sartoriale, quindi, studiato sulla gestualità e la logica, le esigenze di un Maestro della cucina.
Capasa assume con disinvoltura il ruolo del capitano. Indossa la giacca da chef sui suoi jeans neri in serie iperlimitata e cuciti a mano, e dà inizio a quello che diventerà un confronto all'insegna della creatività, ma dove ognuno si esibisce nel territorio di competenza dell'altro. Pulisce, sminuzza, soffrigge, spadella. Tra burro a dadini, turgidi porcini, castagne e marroni, è entrato nella parte dichiarandosi entusiasta perfino nel taglio della cipolla o nella mantecatura del risotto che avrebbe poi servito decorandolo con una gloriosa salsa di zucca e alcune (non una di più né una di meno) castagne. Dando al piatto finito quel tocco d'autore che normalmente riserva alla modella e all'abito un minuto prima della sfilata, dichiara: «Metterei un tocco di verde qui» e, con mano decisa, sceglie una fogliolina di prezzemolo, la colloca al posto giusto e il piatto si illumina.
Nella cucina di Carlo Cracco, Ennio Capasa ha ritrovato altrimenti tradotte le caratteristiche del proprio atelier: tecnologia e un'organizzazione scientifica. Ha abitato lì un paio d'ore e ne è uscito diverso. Lui adora le uniformi e con un'intuizione estemporanea, ha tenuto la giacca da chef sotto la sua nera (vedi la foto in apertura). Quel tocco di bianco e la fila di bottoni doppiopetto gli davano un'aura da generale napoleonico, surreale e solenne.
Ore 14,30. Carlo Cracco, di una bellezza sana, capello lungo e distratto, camicia a righe, arriva in bicicletta al quartier generale di Ennio Capasa e si mette nei panni del designer, scegliendo una camicia grigia profilata di borchie. Perfetto nel phisique du rôle, metropolitano e romantico, combacia perfettamente con l'immagine Costume National. Lo staff è al completo, chi disegna, chi telefona, chi controlla scarpe, borse, abiti in attesa di giudizio. Cracco guarda con meraviglia gli spazi immensi, le architetture e i riflessi dell'acqua che trasforma i tetti dell'edificio in suggestive piscine, le pareti tappezzate di campioni di colori e di tessuti esclusivi, il tavolo ingombro di bottoni, spilli, frammenti di materiali luccicanti, gessetti bianchi. Traccia il disegno di un vestito sul grande foglio immacolato; quindi, con gesti prima esitanti poi più sicuri, spilla il vestito e sul manichino si delinea una silhouette. Tutto è nuovo, ma la meticolosità assomiglia a quella che gli è consueta. Cambiano i profumi e le consistenze, i tempi di cottura, ma il fervore è identico. Lo chef è disponibile e divertito, ha scoperto il fascino di un mestiere tanto diverso e tanto vicino al suo.
Le analogie tra i due mondi, moda e cucina, sono molte. C'è l'ideazione, la qualità degli ingredienti e un'esigenza finale imprescindibile: il risultato pratico che deve stare dentro a confini prestabiliti. In una curiosa sintonia personale e professionale, i due, Capasa e Cracco, si sono scambiati non solo i ruoli e gli abiti, ma le idee. «Trait d'union - afferma Capasa - è la sensualità, che riguarda la cucina così come il vestire». E, aggiungiamo noi, quella vocazione alla sperimentazione, quel voler esprimersi e mietere consensi. Quel gusto estetico e la ricerca di contenuto. Una costante, la ricercatezza.
Ennio Capasa e Carlo Cracco, attitudine contemporanea e rilassata, hanno entrambi uno sguardo incantato. Danno forma alle emozioni e si esprimono interpretando e anticipando i desideri, i propri e quelli altrui. Sono dei compositori moderni e, in questa occasione, scambiandosi gli spartiti, hanno giocato insieme a noi confermandoci che il talento vero e l'intelligenza sono sempre accompagnati da un forte senso dell'ironia. E, se ci si diverte, la musica risulterà sempre e comunque gradevole.