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Il design indispensabile di Katayama

di Paolo Bocchi foto di Alessandro Digaetano

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All'inizio della sua fase progettuale, Katayama pare isolarsi dalle scorie del mondo circostante per riuscire a fondere i suoi vari "io". In quel momento la sua testa è una centrifuga di idee senza censure. Per un determinato tempo, la parola controllo sembra sparire dal vocabolario Wonderwall. È il caos produttivo, un periodo finito dopo il quale arriva la fase pragmatica, delle verifiche. Katayama non le avverte come ostacoli alla creatività, ma, al contrario, li considera trampolini di lancio per gettare il cuore oltre l'ostacolo. «Quando disegno un nuovo spazio - spiega -, attraverso varie fasi di interazione con clienti e proprietari. A volte abbiamo l'opportunità di "perderci" in discussioni molto profonde, a volte meno. A prescindere dal numero di interazioni, il mio obiettivo è fornire ai clienti quello che io chiamo "the greatest gift". A lavoro ultimato, niente mi rende più felice della soddisfazione del cliente perché non è più solo un cliente».
La sua équipe lo segue da vicino, in queste fasi di ricerca di regole in un apparente disordine primordiale. Le venti persone che lavorano con lui in Wonderwall conoscono gli orari delle sue maree creative. Sanno come muoversi e come comportarsi, impresa che riuscirebbe difficilissima, se non impossibile, a chiunque altro. Nel 2009 il team Wonderwall festeggia nove anni di attività: è stato fondato da Katayama nel 2000, quando aveva 34 anni. Oggi, a 43, Masamichi e la sua creatura si trovano sulla cresta dell'onda. Nel 2007 hanno vinto il Great Indoors Award consegnato loro da Rolf Fehlbaum e si preparano ad ambiziose sfide con nuove firme in veste di committenti.
Mentre il resto del mondo si interroga sulla necessità e sul ruolo del design, Katayama sembra avere già trovato la risposta: «Il design non è necessario, ma è indispensabile».

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