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Spazio al tempo

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In Primo Piano

Spazio al tempo

di Chiara Somajni
Una grande Bandiera per un nuovo potere mondiale riveste la facciata di Palazzo Fortuny: è un'opera dell'artista ghanese (nato nel 1944) El Anatsui, realizzata cucendo insieme con del filo di rame avanzi di lamiera, come tappi di bottiglia e lattine, pressati e ridotti a tessere colorate. Il fastoso tessuto riecheggia da un lato la vicina Biennale, dove altri due suoi omologhi fanno bella mostra di sé nella sezione dell'esposizione curata da Robert Storr all'Arsenale, dall'altro Mariano Fortuny y Madrazo, ingegnoso e talentoso pittore, scenografo, fotografo e soprattutto autore di stoffe di pregio nato a Granada nel 1871, trasferitosi a Venezia diciottenne, amico di Hugo von Hofmannsthal e di Gabriele D'Annunzio, il cui sontuoso Palazzo la mostra «Artempo» riapre al pubblico dopo anni di languore, perché sia rilanciato come "laboratorio di idee".
«Artempo», concepita da Mattijs Visser del Kunst Palast di Düsseldorf e dall'antiquario e collezionista di Anversa Axel Vervoordt, e curata da Daniela Ferretti, Jean-Hubert Martin, Giandomenico Romanelli insieme a Visser, raccoglie circa trecento opere che spaziano liberamente attraverso il tempo, lo spazio, i generi e le civiltà, accostando videoarte e antichi modellini anatomici, astrolabi e pietre aborigene, concetti spaziali di Fontana a statue buddiste, maschere precolombiane e performance (delle quali - cosa rara - vengono per lo più proposte tanto le tracce residue quanto la documentazione video). Opere di elevata qualità, che sono state selezionate attingendo da collezioni private (in primis naturalmente quella di Vervoordt, ma non solo) e pubbliche (i Musei civici veneziani, innanzitutto) seguendo le tracce poliedriche del concetto di tempo: dalla sospensione temporale alla fascinazione matematica per i numeri e per l'infinito, dal rapporto tra costruzione e decostruzione alla trasformazione delle cose nel tempo, fino alle nature morte e ai richiami alla vanitas. Una visione che tutto accoglie come in un presente totalizzante, nel quale ogni oggetto rivive negli occhi nostri di contemporanei in quanto oggetto estetico ed evocativo addensamento di significati e di rimandi. I corpi informi di fatica di Berlinde de Bruyckere e quelli tragici di Francis Bacon, gli antichi modellini disarticolati e la nostra figura che si deforma e svanisce nello specchio magico di Anish Kapoor risuonano così uno nell''altro, come un diapason.
In questa Wunderkammer, del quale il teatro (il Palazzo) è parte integrante, ci si muove infatti per associazioni e assonanze, secondo una sorta di nuova geografia warburghiana dove ciascuno è chiamato a intrecciare fili di senso e geometrie della percezione secondo il proprio gusto e la propria sensibilità. Nella moda dilagante delle mostre da ostentazione, dove troppo spesso il gusto e gli interessi del collezionismo privato si sostituiscono ai rigori di una più selettiva, libera e critica curatela, questa mostra - anch'essa scaturita dallo slancio di un collezionista - si offre come suggestivo esperimento, sia espositivo sia di collaborazione pubblico-privata.
1 «Artempo», Venezia, Palazzo Fortuny, fino al 7 ottobre. Catalogo Musei Civici Veneziani.

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