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Grande Tirolo, che atmosfera!

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Grande Tirolo, che atmosfera!

di Ada Masoero
È da qualche tempo ormai che il Simbolismo conosce una nuova età del l'oro, oggetto in Italia e nel mondo di mostre che lo rileggono da punti di osservazione diversi. Così, mentre alla Gnam di Roma continua fino al 16 settembre Il Simbolismo. Da Moreau a Gauguin a Klimt, a Rovereto e a Trento vanno in scena due rassegne dedicate una a Maurice Denis, pittore, illustratore, grafico ma anche teorico autorevole del movimento; l'altra tesa a sondare per la prima volta le declinazioni che di quel nuovo clima seppero dare gli artisti attivi tra '800 e '900 nel Grande Tirolo, la regione dell'Impero che includeva Tirolo, Alto Adige e Trentino.
In arrivo dal Musée d'Orsay e dal Musée des Beaux-Arts di Montreal che l'hanno prodotta con il Mart, la mostra di Denis è la prima sua monografica proposta in Italia, e la sua maggiore concisione rispetto alla versione parigina giova di sicuro a questo artista che fu sì centrale nelle vicende dell'arte europea di quell'età e che certo influì con i suoi scritti su tanti artisti coevi (sua la frase sempre citata «ricordarsi che un quadro, prima di essere un cavallo di battaglia, una donna nuda o qualunque aneddoto, è una superficie piana ricoperta di colori disposti in un certo ordine»), ma che assunto in dosi massicce rischia di risultare stucchevole – come una torta con troppa panna – per il virtuosismo delle composizioni e per il decorativismo degli arabeschi che tramano i dipinti della stagione Nabis e poi, nelle opere del "nuovo classicismo", per l'iridescenza madreperlata e per i colori sin troppo preziosi (il «mauve et l'emeraude» cantati da Mallarmé), così sapientemente combinati ora in armonie rare ora in sottili e acri stridori. Gran parte della sua fama, sinché fu in vita, gli venne dalle imprese decorative, sacre (era religiosissimo e lavorò in molte chiese) e profane, come i pannelli per la Sala da musica di Ivan Morozov, il collezionista moscovita rivale di Sergej Šukin, che gli rispose da par suo con il ben più robusto Matisse e i suoi vasti dipinti (poi divenuti icone della modernità) della Danse e della Musique. Eppure, se si eccettua il grande, famosissimo (e felicissimo) Le muse, 1893, le opere che oggi appaiono superare meglio lo scarto temporale che ci separa da lui sono quelle più minute per dimensioni e per ambizioni, come il Cristo verde (un omaggio a Gauguin) e le Macchie di sole sulla terrazza, 1890, o certi paesaggi bagnati da una luce ferma, ora meridiana ora crepuscolare o notturna.
A Trento, poi, Alessandra Tiddia è andata Sulle tracce di Maurice Denis e ha riunito in una mostra suggestiva un gran numero di opere di artisti simbolisti di quest'area di confine: opere in gran parte dimenticate ma allora celebri e premiate come Le Narne (sorta di Parche nordiche) di Alois Delug, accostate, in apertura, a una scena di sapore munchiano del tenebroso e visionario Leo Putz, a un paesaggio lunare di Umberto Moggioli e ai dipinti di altri artisti valenti ma poco noti fuori di qui, da Carl Moser (di tutti il più "francese") a Luigi Bonazza, da Egger-Lienz ad Artur Nikodem, da Alfons Walde all'ottimo incisore Benvenuto Disertori, fino a Umberto Moggioli e Tullio Garbari, qui con opere di grande qualità.
Ma al Mart sono aperte in contemporanea altre mostre da non perdere: una, curata da Gabriella Belli e Alberto Fiz, espone le opere del '900 e della contemporaneità (da Balla a Kiefer, Anish Kapoor, Chen Zen, Boltanski) di un collezionista torinese che al Mart ha depositato un nucleo dei suoi tesori; l'altra riunisce per la prima volta le immagini folgoranti per bellezza e lucidità d'indagine del fotografo Claudio Abate, "artista solitario" nota Achille Bonito Oliva in catalogo, compagno di strada di gran parte degli artisti contemporanei, di cui presenta una galleria di ritratti, loro o di loro opere. E poi Matteo Basilé con i suoi angosciosi tableaux-vivants e Luca Vitone, che con un'installazione di rara felicità ed empatia rende omaggio – evocandone non la gloria ma uno scacco doloroso – al genius loci di questa terra, Giovanni Segantini.
1«Maurice Denis», Rovereto, Mart, fino al 25 settembre; «Percorsi privati. Lo sguardo di un collezionista», fino al 7 ottobre; «Claudio Abate, fotografo», fino al 7 ottobre; «Matteo Basilé. Apparitions» fino al 26 agosto; «Luca Vitone. Gli occhi di Segantini», fino al 23 settembre;
1«Sulle tracce di Maurice Denis. Simbolismi ai confini dell'Impero asburgico», Trento, Palazzo delle Albere, fino al 28 ottobre. Cataloghi Skira.

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