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Appuntamento con Venere

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In Primo Piano

Appuntamento con Venere

di Fernando Mazzocca
Il 1808, anno in cui Canova terminava il ritratto marmoreo di Paolina come Venere Vincitrice, rappresenta una data fatidica anche per le raccolte Borghese. Le statue antiche che avevano rappresentato la gloria della famiglia, dopo la controversa vendita da parte del principe Camillo al cognato Napoleone, avevano preso la via di Parigi ed erano state collocate nella magnifica sezione des Antiques al Louvre. In quell'eccezionale circostanza, ai due pesanti convogli partiti da Roma furono uniti alcuni capolavori di Canova destinati a essere presentati al Salon parigino di quell'anno. La Venere Vincitrice invece, dopo essere stata esposta nello studio dello scultore, era destinata a restare a Roma, a risarcimento almeno parziale della perdita dei marmi antichi. Lo stesso Canova, incontrando Napoleone a Fontainebleau nel 1810, giudicò la vendita dei marmi come un'incaccellabile vergogna per i Borghese: «Gran orrore Maestà! Quella famiglia sarà disonorata fino a che vi sarà storia! Vendere capi d'opera di quella sorte. Una famiglia così ricca. Una famiglia che il padre aveva speso un tesoro ad accomodare la villa, villa la più bella del mondo».
Oggi la Galleria Borghese rende omaggio allo scultore che tanto l'aveva amata con una mostra che intende ricreare, nel dialogo tra le statue di Canova, i capolavori di Bernini e i marmi antichi, un'atmosfera simile a quella che si doveva respirare al Salon del 1808. Il curioso equivoco per cui le sculture canoviane esposte (la popolare Madame Mère, ossia il ritratto della potente madre di Napoleone, la prima versione di Ebe, l'Amore e Psiche stanti e la Maddalena penitente) comparvero senza cartellini tanto che vennero confuse con le statue classiche presenti nelle sale vicine, alimentò la leggenda di Canova come lo scultore che aveva saputo imitare e superare gli antichi.
Le sale della Villa Borghese rappresentano l'ambiente ideale per la prima grande rassegna dedicata da Roma a Canova. Attraverso la riconsiderazione delle fonti, dall'Ermafrodito al dipinto canoviano della Venere giacente scoperta da un fauno del 1792, e dei magnifici disegni preparatori viene spiegata la genesi della Venere Vincitrice. Mentre la presentazione, per la prima volta affiancate, della mitica Venere Italica e della cosiddetta Venere di Leeds vede l'esaltante confronto tra due diverse soluzioni del motivo della Venere che esce dalle acque. Altri straordinari rimandi hanno richiamato in mostra capolavori sempre relativi alle sculture canoviane di genere "grazioso" e, sul versante tematico, associate a Venere, come i quattro Amorini in marmo che, riuniti per la prima volta insieme dalla Polonia, dall'Inghilterra, dall'Irlanda e dalla Russia, confermano la fama universale di Canova. Precedenti rispetto alla nostra Venere, così come il gruppo dell'Amore e Psiche stanti del Louvre, sono seguiti dalle Grazie (la prima versione eseguita per l'imperatrice Joséphine), una delle opere più emblematiche della poetica di Canova e anch'essa legata al motivo della bellezza vincitrice e civilizzatrice, come nell'omonimo inno del Foscolo.
La famosa Tersicore, appartenuta come la Maddalena penitente al grande collezionista Giambatista Sommariva e inizialmente concepita come un ritratto idealizzato della bella Alexandrine Bleschamps, moglie di Luciano Bonaparte, e La principessa Leopoldina Esterhàzy Liechtenstein, raffigurata mentre disegna come un'antica musa, una scultura molto cara a Canova tornata ed esposta per la prima volta in Italia, rappresentano, nella soluzione della figura stante la prima e in quella sedente la seconda, le varietà iconografiche e formali del ritratto divinizzato, la tipologia di cui la Venere Vincitrice rappresenta l'espressione più riuscita. Altrettanto si può dire, nella serie delle statue sedenti, per la Polimnia, giunta in mostra dal Palazzo Imperiale di Vienna, pensata in origine come un ritratto ideale della mascolina sorella di Napoleone Elisa allora sovrana della Toscana. Mentre un altro prestito sensazionale, da una raccolta privata molto esclusiva, riporta alla ribalta la più bella delle cosiddette "teste ideali" canoviane, quella di Elena che, in Palazzo Albrizzi a Venezia, aveva incantato Byron: «What nature could, but would not, do, /And beauty and Canova can!».
La presenza, accanto a questi strepitosi marmi immortali, degli impressionanti bozzetti, plasmati con i polpastrelli e dominati dal fuoco del genio, dei dipinti e dei disegni, rende questa mostra un emozionante percorso all'interno dell'officina del moderno Fidia, seguendone le mosse, dall' "idea" consegnata ai pochi veloci e aggrovigliati tratti di matita, agli effetti sensuali dell' "ultima mano", il Canova's touch con il quale la pietra diventava, come nella Venere, "vera carne" secondo un'espressione cara allo scultore.

La rassegna

Per ricordare i 250 anni dalla nascita di Antonio Canova (Possagno 1757 - Venezia 1822) e due secoli dalla conclusione della statua di Paolina Borghese come Venere Vincitrice,
la Galleria Borghese ha realizzato dal 18 ottobre 2007 al 3 febbraio 2008 una mostra intitolata
Canova e la Venere Vincitrice (catalogo Electa) a cura di
Anna Coliva e Fernando
Mazzocca (che qui ne illustra
i contenuti).
Tra le tante novità della rassegna (illustrate da Mazzocca nella presentazione) va rimarcato
anche il ritrovamento di una
lettera inedita del cardinale Joseph Fesch (zio materno di Napoleone) allo stesso Canova, datata 22 ottobre 1808. Dalla missiva si apprende il forte desiderio di Paolina di poter far ammirare il proprio ritratto a Parigi: «Più di una volta la Principessa Borghese ha scritto al suo marito di far
venire la statua; ma questo
Signor gli promette sempre e sempre lo dimentica». Camillo Borghese non cedette alle aspirazioni della moglie:
la Venere Vincitrice non
arriverà mai a Parigi.

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