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La Chanel dell'arredamento

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In Primo Piano

La Chanel dell'arredamento

di Alvar González Palacios
La prima cosa che notai fu l'elastico, una cinta nera che fermava bene la sua sontuosa parrucca, fra il bronzo e il rame, tenendo anche in ordine le pieghe ondeggianti del collo. Due ciglia finte particolarmente ombrose trionfavano tra palpebre e bistro, né sapevi dove iniziava l'artificio e dove finiva la natura. Restava qualcosa di vero? Difficile dirlo: l'apparizione era assurda ma non ridicola. Il corpo era un'invenzione ma le idee volatili si manifestavano in un linguaggio letterario né sciocco né banale: «Io dono poesie, versi; non vendo mobili usati. La sua conoscente, Madame de ..., caro amico, non è adatta a me; le ho chiesto quel che leggeva: non sa bene la differenza tra un personaggio di Marcel Proust, Swann, e Marcel Schwob. È una donna confusa, non riuscirei mai a nascondere il tono ricco e convenzionale del suo appartamento che d'altra parte è bene adatto a lei».
Le sue parole erano comunque scelte meglio di quanto io scriva adesso e sembravano meno perentorie in un gioco di ammiccamenti che, a novant'anni, conservava un che di erotico: era un'anticaglia ma restava in ogni istante una donna. Da anni passavo davanti alle vetrine del suo negozio all'angolo di rue Jacob con rue Bonaparte come chi spia nella casa di un amico che in realtà non conoscevo. Vi si era installata nell'immediato dopoguerra; dipinse di nero le incorniciature delle finestre, popolò di lumi bassi tutte le stanze dipinte di un colore verde chiaro che venne poi definito da tutti "verde Castaing", dovunque arredi di mogano e di legni scuri, funzionali ("logici", li definiva), mescolando gli stili di mezza Europa in una cosa sola. Dalla comparsa delle ghigliottina alle esequie della Regina Vittoria, ecco il suo mondo. Ma tutto semplificato, reso astratto dalla morbidezza della luce e dal disinvolto accostamento di oggetti di grande classe ad altri che si raccomandavano solo per l'eccentricità. Era il suo gusto inconsueto a far diventare chic ciò che in altre mani sarebbe rimasto kitsch: dono di pochi, chi poteva imitare l'eleganza di Chanel mescolando con assoluta sicurezza tessuti preziosi e bigiotteria volutamente falsa? Sembrare sempre quello che si è, senza incertezze – solo i superficiali non credono nell'apparenza –, il dictum di Oscar Wilde. Questa peculiare genialità non era dettata solo dal gusto o dalla moda: veniva da attente letture, dalla frequentazione della biblioteca e non solo del boudoir; la cipria sul volto, la polvere sugli oggetti, ecco il segreto della vita e dell'arredamento, una finzione. L'equilibrio è sempre fragile: trascorrono dieci anni e ciò che sembra eterno diventa vecchio quando non grottesco, vecchio, dico, non antico, non classico. Eppure gli interni ideati da Madeleine Castaing più di mezzo secolo fa sono rimasti atemporali, allegoria di un'epoca che può non esserci congeniale ma dalla quale tutti discendiamo. Nella biografia che le è stata or ora dedicata da Jean-Noël Liaut (Parigi, Payot, 2008, pagg. 208, € 20,00) si cerca di spiegare il corso della sua vita e del suo lavoro. Lunghissimi ambedue: scomparve pochi anni dopo i nostri rari incontri, nel 1992, a novantotto anni suonati. Di buona famiglia borghese, benestante, bella o almeno attraente, bizzarra, coi capelli à la garçonne, gli occhi bistrati, la bocca ridisegnata come una bambola art-déco. Si sposò presto con un uomo colto e bello, assai più anziano di lei, che aveva incontrato... (e qui inizia la leggenda) in un treno quando lei aveva quindici anni e lui venti di più, sedotta subito, portata per forza magica in una camera d'albergo... A me disse invece di aver visto in uno specchio il riflesso degli occhi di lui, uno sguardo che l'aveva incantata: dovette seguirlo subito. Letteratura, forse, ma sta di fatto che il centro della vita di Madeleine divenne suo marito, quasi mai fedele, spesso remoto, sempre complice. Conobbe tutti, alcuni artisti famosi divennero intimi: Malraux, Cocteau, Picasso, lo scrittore Blaise Cendrars (detto lo svizzero errante) ad esempio, e il pittore Soutine di cui nessuno possedette più opere dei Castaing – lo amavano? lo sfruttavano? lo inventarono?, lo distrussero? –. La fantasia era parte della vita di Madeleine, non sempre attenta alla cronologia. Non spiegava bene perché il giorno in cui affermava di aver avuto un appuntamento con Proust fu il giorno in cui lo scrittore morì: «È stato il più grande dolore della mia vita» aggiungeva malinconica. Ma i conti non tornavano bene. Madeleine riuscì a coinvolgere in questo gioco ambiguo Louise de Vilmorin, altra donna incantevole non esente di fantasia. Di Proust, in un certo senso, riuscì a impossessarsi: il suo biografo racconta come in un'occasione Madeleine disse a un'amica di essere entusiasta della sua casa: «Tutto quello che avete è molto brutto ma vi ammiro molto, siete riuscita a creare un'atmosfera nella quale si sta bene... brava! Ricordate quel che disse il prototipo del Barone di Charlus, Robert de Montesquiou, quando andò da Proust per la prima volta: "Comme c'est laid chez vous"».
In realtà la vecchia sfinge (ma non fu sempre vecchia) non aveva inventato niente. Sapeva come riprodurre tessuti e moquettes servendosi di antichi campioni, guardava per ore i quadretti con vedute d'interni dei piccoli pittori dell'epoca a lei cara che riproponeva con pazienza ed estro; si era impossessata dell'anima di un secolo come il diavolo di quella di Faust.
Mi è capitato di trovare di recente un volumetto rilegato di marocchino verde a piccoli ferri dorati: è del 1824 e si intitola Il maestro di miniatura a guazzo e all'acquarello, opera dedicata alle dame, pubblicato a Milano nel 1821: comprende due illustrazioni a colori, una serie di «Tinte» che includono il famoso verde Castaing detto allora, a Milano, "verde d'acqua", composto in parti uguali di azzurro, di bianco e di giallo. È proprio identico al colore che tante volte ammirai a Parigi: copiatelo, se volete, ma vi assicuro che nelle vostre mani, così come nelle mie, il risultato sarà patetico. Lo stesso accade alle signore quando fanno riprodurre alla loro sartina di fiducia i modelli di Chanel.

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