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Canaletto delle feste

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In Primo Piano

Canaletto delle feste

di Fernando Mazzocca
Rispetto a un recente passato, quando la Casa dei Carraresi a Treviso è stata il fortunato laboratorio di un nuovo e spregiudicato modo di fare mostre che sfruttava l'infatuazione del grande pubblico per l'Impressionismo, Van Gogh e affini, senza tenere gran conto della qualità delle opere e della loro provenienza, sembra essere ora ritornati finalmente al buon tempo antico delle rassegne collegate alle grandi tradizioni artistiche locali. Quando l'autorevolezza dei curatori e il peso specifico dei comitati scientifici consentivano di chiamare a raccolta dai più prestigiosi musei del mondo i veri capolavori. Esaltato attraverso il suo genio creatore Canaletto, che vi risplende con quadri davvero superbi, il vedutismo veneziano del Settecento è individuato in questa rassegna in tutto il suo ampio svolgimento, dagli esordi determinati dall'influenza dell'olandese Van Wittel sul friulano Luca Carlevarijs, il «matematicae cultor egregius» che si affidava alle certezze della camera ottica, sino allo struggente finale, quando la Venezia rappresentata da Canaletto come una "certezza radiosa" diventava, nei piccoli rivoluzionari quadri di Guardi, un «luogo vago e remoto ormai come una cineseria in fondo a un vassoio o sull'ala di un ventaglio». Così osservava, nei suoi ultimi scritti prima di morire, l'indimenticabile Adriano Mariuz che rimane l'interprete perfetto di questo magico momento della storia della pittura italiana, quando un genere ritenuto minore si caricò forse più di tutti gli altri di renderci lo spirito del secolo inquieto che presagiva la fine di una grande civiltà.
Il suo saggio, straordinario, su Carlevarijs & Canaletto, insieme a quello dei due curatori Alberto Craievich e Giuseppe Pavanello, che ripercorre l'itinerario spesso imprevedibile della «fortuna ininterrotta» del vedutismo veneziano da Charles de Brosses a Henry James e D'Annunzio, rispecchia il taglio di questa mostra che a tanta distanza dalla memorabile rassegna de I vedutisti veneziani del Settecento, allestita nel 1967 in Palazzo Ducale da Pietro Zampetti, ripropone finalmente con la stessa completezza questo esaltante capitolo non solo della storia della pittura ma anche del collezionismo. La provenienza delle opere non è mai, come in questo caso, esemplare. L'impressionante album dei prestatori, che raduna il Gotha dei maggiori musei del mondo (dal Kunsthistorisches e dal Liechtenstein Museum di Vienna al Louvre, dalle Gemäldegalerie di Berlino e Dresda agli Uffizi, dall'Ermitage e dal Puhskin al Prado, dalla National Gallery di Londra a quella di Washington) e delle grandi collezioni storiche (dai Principi Torlonia al Duca di Buccleuch), è la perentoria conferma di come questi geniali vedutisti spesso itineranti, tanto che Canaletto ha fatto la sua fortuna anche nell'Inghilterra della prima rivoluzione industriale e Bellotto nella vecchia Europa delle corti tra Dresda e Varsavia, abbiano saputo imporre con le loro opere un'immagine di Venezia, l'«immagine di una città-mondo», talmente radicata nell'immaginario universale che non riusciamo più a vedere piazza San Marco o il Canal Grande, Rialto o il Canale della Giudecca, le Zattere o l'immenso Bacino, se non coi colori e la luce che Canaletto aveva saputo fermare nei suoi quadri.
La mostra si apre con quindici capolavori di Carlevarijs che celebrano Venezia nei suoi monumenti per poi indugiare sulla folla che gremiva piazza San Marco. Vi identificava «i robboni dei nobili, i mantelli, i vestiti de chambre, i Turchi, i Greci, i Dalmati, i Levantini d'ogni specie, uomini e donne», attorno alle «bancarelle dei venditori di specifici e dei giocolieri», ai «palchetti dei monaci predicatori e dei marionettisti». Tutto ciò, osservava il de Brosses, «che vi si trova mescolato a tutte le ore, la rende la più bella, la più curiosa e la più strana piazza del mondo».
Questo palcoscenico tanto visto e rappresentato ma ogni volta sorprendente, diventa nei quadri monumentali di Carlevarijs e Canaletto, che purtroppo scoppiano come inseriti a forza nelle stanzucce poco adeguate della Casa dei Carraresi, lo spazio deputato delle fantastiche feste e delle cerimonie organizzate per l'"ingresso solenne" in Palazzo Ducale degli ambasciatori accreditati presso la Serenissima. Mentre il Canal Grande veniva percorso da imbarcazioni dalle forme più bizzarre, con variopinti equipaggi dai costumi meravigliosamente estrosi, nelle regate in onore dei sovrani discesi dal nord come Federico Augusto di Sassonia o Federico IV di Danimarca e Norvegia.
Se Carlevarijs si afferma come l'infallibile cronista del fervore cosmopolita della Venezia settecentesca, è Canaletto, come dimostrano i ventiquattro capolavori che costituiscono il cuore della mostra, a interpretare la qualità atmosferica e l'imprevedibilità scenografica di uno spazio urbano unico al mondo. Quando nel 1725 un collezionista lucchese chiedeva a un suo intermediario veneziano due vedute di Carlevarijs, gli veniva suggerito di lasciar perdere questo pittore ormai vecchio e superato, per rivolgersi a Antonio Canal «che in questo paese stordisce universalmente ognuno che vede le sue opere» dove si scorge «lucer entro il sole». I più storditi dalla luce dei suoi quadri furono i collezionisti inglesi che «hanno a tal punto viziato questo artista, offrendogli per i suoi quadri tre volte di più di quanto ne chieda egli stesso, che non è più possibile comprar da lui». Le due magnifiche vedute commemorative di Canaletto, commissionate dal conte de Gergy, ambasciatore francese, per il suo «solenne ingresso» del 1726, riunite per la prima volta dall'Ermitage e dal Museo Puhskin, rivelano nell'inesauribile bellezza dei dettagli, una qualità documentaria, scenografica e inventiva tali da restituirci l'evento eccezionale in una dimensione epica e quasi visionaria. Quest'ultima era certamente quella più congeniale – si pensi anche alla stregata magia della Sagra di San Pietro di Castello lo straordinario notturno lunare inviato da Berlino – a questo «pittore di vedute lunatico, intrattabile» che «vende un dipinto da cabinet fino a 120 zecchini».
1 «Canaletto. Venezia e i suoi splendori», Treviso, Casa Dei Carraresi, fino al 5 aprile. Catalogo Marsilio.

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