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Collezionisti di avanguardia

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Collezionisti di avanguardia

«Quando nasce nel 1909 l'avanguardia futurista è in contrasto con l'arte ufficiale: l'interesse del pubblico italiano è debole. Trova da subito i suoi fan solo in un'élite intellettuale, che comincia a collezionarla. Giuseppe Sprovieri è tra i primi a presentare Balla, Boccioni e Depero nella sua galleria romana e a comprare per la sua collezione» spiega Gabriella Belli, direttrice del Mart di Rovereto. «Il ballerino Léonide Massine, interprete dei balletti russi per l'impresario Sergej Diaghilev, compra opere dal 1917 e lavora sulle scenografie di Balla e Depero. Come Mart abbiamo voluto sviluppare in una mostra curata da Ester Coen – prosegue la storica dell'arte – lo studio delle relazioni tra Futurismo italiano, Avanguardia cubo-futurista russa ed Espressionisti tedeschi che parteciparono alla rivista berlinese Der Sturm».
Che cosa è emerso? «Quanto poco provinciale e tanto internazionale fosse la ricerca dei Futuristi italiani» risponde la studiosa. «Il legame con la politica, intravisto da molta critica nel secondo dopoguerra, ha purtroppo a lungo frainteso e adombrato questa carica di novità. Gli artisti del Futurismo storico non hanno alcuna associazione con il Fascismo, che nasce nel 1922, poi il Movimento assicurò un certo tipo d'iconografia del regime, ma dal punto di vista della pittura non si è mai sottomesso a dettati politici; piuttosto ha espresso temi come la velocità, il dinamismo, la città e il progresso, utilizzati anche dalla politica. Alla fine della II Guerra mondiale in Italia c'è stata una sorta di damnatio memoriae sul Movimento, poiché molti artisti futuristi e di Novecento (attivi negli anni 20-30) avevano abbracciato le tesi della politica. Gli intellettuali italiani, invece, non riescono a distinguere il valore straordinario di questo linguaggio, innovativo e fantastico, dalle avventure personali dei singoli in politica; bisognerà aspettare i critici Maurizio Calvesi, Enrico Crispolti e Guido Ballo e poi gli Archivi del Futurismo (1959-62) di Druidi e Gambillo, per avviare una ricerca sistematica sull'Avanguardia» chiarisce Belli.
Più lungimiranti in quegli anni sono stati alcuni collezionisti. «Uno dei più grandi, insieme agli Jucker, è Gianni Mattioli che, ancora giovanissimo, nel 1918, si appassiona all'estetica futurista e colleziona le opere. Tra il 1915 e il 1920 tra Roma e Milano si muovono Umberto Notari, giornalista e scrittore, ancora Fedele Azari, pittore e industriale, che sostiene la ricerca degli amici artisti e il compositore Alfredo Casella che acquista lavori di Depero e Balla». Oggi il collezionismo del Futurismo è più complesso. «Gli artisti che hanno partecipato al Movimento fino alla morte di Marinetti nel 1944 – secondo il Dizionario del Futurismo – sono più di mille. Non possiamo dire che esista un giacimento nascosto di opere futuriste» conclude la direttrice del Mart.
Marilena Pirrelli

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