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A braccetto arte e business

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A braccetto arte e business

«Sottostimata». È spesso definita così l'arte latinoamericana. Il prezzo più alto raggiunto per un'opera di quest'area del mondo è 7,2 milioni di dollari, pagato nel maggio 2008 a Christie's New York per un dipinto del 1945 del messicano Rufino Tamayo, contro il record di 23,6 milioni sborsati per il cuore d'acciaio di Jeff Koons nel 2007. La ragione è che i compratori sono per la gran parte i latino americani, anche se negli ultimi decenni è cresciuto il numero degli statunitensi e si muove ora qualche museo europeo.
Fondamentale allo sviluppo di questo mondo artistico è il ruolo di alcuni individui ricchissimi come i messicani Carlos Slim (tycoon delle telecomunicazioni) col suo museo Soumaya ed Eugenio Lopez Alonso (succhi di frutta) col museo Jumex, la venezuelana Ella Fontanals-Cisneros (telecomunicazioni dell'ex marito) con una kunsthalle e fondazione molto attive a Miami, o l'argentino Mauro Herlitzka (finanza, immobiliare e agricoltura), tra i fondatori delle fiera di Buenos Aires e di Pinta a New York.
Ma il cambiamento demografico negli Usa, dove gli hispanics rappresentavano nel 2006 il 14,8% della popolazione – ormai il 2%in più dei neri – gioca il suo ruolo in un Paese dove i musei si sentono obbligati a riflettere il loro potenziale pubblico nelle loro collezioni e dove si svolgono le transazioni più importanti: da Christie's e Sotheby's a maggio e novembre, le fiere di Art Basel Miami Beach, Arteamerica a Miami e Pinta a New York. Mentre il Museum of Modern Art di New York ha creato nel 2006 un reparto dedicato all'arte del Sud America con un budget minimo di 400mila $ l'anno per gli acquisti.
La grande crisi del mercato finanziario ha toccato anche le aste di arte latinoamericana dello scorso novembre, facendo registrare da Christie's e Sotheby's un invenduto del 30% e del 45% rispetto alle vette del maggio scorso, quando i totali raggiunsero i record di 33 milioni di $ da Christie's e 28,1 milioni di $ da Sotheby's. I prezzi più alti sono stati pagati per opere moderne piuttosto che contemporanee. Da Sotheby's un olio del 1929 di Joaquìn Torres-García «Costruzione geometrica» venduto a 398.500 $ e il dipinto murale «America» del 1955 lungo 15 metri di Tamayo aggiudicato a un privato per 6,8 milioni $.
Dal 13 al 16 novembre gli organizzatori della seconda edizione di Pinta offrivano un po' di conforto ai 55 galleristi, provenienti da 14 Paesi, con un programma di sovvenzioni tra 10mila e 25mila $ per otto musei che avrebbero desiderato espandere o formare collezioni di arte latinoamericana: molti curatori in evidenza e tanti scambi a meno di 25mila $. Dot FiftyOne di Miami vendeva un dipinto dell'argentino Eduardo Costa per 18mila $ e una scultura di Andres Ferrandís a collezionisti provenienti rispettivamente dal Venezuela e da Parigi. A Magnan Emrich Contemporary, le fotografie del cubano Alexandre Arrechea prendevano il volo a 4mila $ ciascuna e due sculture di blocchi di cemento del messicano Alejandro Almanza Pereda passavano di mano a 6mila $ ciascuna. La Galleria Cecilia de Torres vendeva due sculture cinetiche del venezuelano Gego per 75mila $ ciascuna al Museum of Fine Arts di Houston; due disegni dell'uruguayano Torres-Garcia al Museo del Barrio di New York e una stampa all'Harvard Art Museum, che ha comprato anche un disegno di Gego per 45mila $ dalla galleria Henrique Faria. Mentre opere maggiori come il dipinto di Wifredo Lam offerto da Tresart per 2 milioni di $ sono rimaste invendute. La previsione di Mauro Herlitzka, direttore di Pinta, è che la crisi globale influirà sul mercato dell'arte latinoamericana, ma meno che in altri settori perché non è mai stato speculativo. A volte può risultare un vantaggio essere sottostimati.
Anna Somers Cocks

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