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Collezionismo di fotografia. Intervista a Giovanni e Anna Rosa Cotroneo

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Collezionismo di fotografia. Intervista a Giovanni e Anna Rosa Cotroneo

  • –di Sara Dolfi Agostini

Da collezionisti di pittura ad appassionati di fotografia. Il primo acquisto di Giovanni e Anna Rosa Cotroneo data 1990 con "Napoli, San Martino" di Mimmo Jodice (Napoli, 1934).

Che aria si respirava allora per la fotografia?
In Italia, il mercato per la fotografia era ancora dormiente; si organizzavano mostre ma non c'era un interesse economico, come in America o in Germania, dove tutto si è mosso prima proprio perché c'erano le istituzioni museali che acquistavano.

Siete passati dai dipinti del Seicento, opere d'arte uniche per eccellenza, alle fotografie. Qual è il vostro approccio alla questione della riproducibilità dell'opera fotografica?
Compriamo quasi sempre le serie complete dei fotografi e quindi la questione non ce la poniamo. Ad esempio, di Gabriele Basilico (Milano, 1944) possediamo la serie intera "Napoli – Caserta" (1996), che ha presentato alla Biennale di Venezia del 1997 e include 20 fotografie. Ora, lui fa edizioni di 15, ma a noi non interessa perché possediamo un insieme che diventa come un'opera unica, a sé stante. In questo caso soprattutto, perché questa serie è stata stampata in un formato più piccolo, 40 x 50 cm, in modo da poter essere installata in fila, richiamando l'idea appunto di una strada.

Negli anni ‘90 si parlava già di edizioni?
Si, su fotografie e portafogli fotografici, ma nessuno controllava poi il numero di stampe relative a ciascuno scatto.

Comprate foto vintage (data della stampa coeva o realizzata entro pochi anni da quella dello scatto, ndr): quando e perché?
Dipende. Il vintage ci interessa se c'è alla base un forte rapporto di fiducia con il gallerista e il fotografo. E comunque non sempre è necessario, nel senso che ci piace come idea, ma non lo sentiamo come un limite. Le fotografie vintage possono non essere in condizioni ottimali e spesso una stampa moderna ti fornisce la garanzia di conservarsi anche meglio. Qualche anno fa, Gianni Berengo Gardin (Santa Margherita Ligure, 1930) ha messo in vendita 6 fotografie vintage scattate a Venezia nel 1959 e ha voluto che le prendessimo noi perché sapeva che le avremmo conservate bene. E così abbiamo fatto: erano poco conosciute rispetto ai suoi scatti più famosi, ma assolutamente splendide (le sue sono edizioni aperte, moderne a 2.000–3.000 euro; vintage a 4.500–9.000 euro, ndr). Certe volte, in realtà, neppure lo sentiamo il vintage: abbiamo delle polaroid degli anni ‘80 di Vincenzo Castella (Napoli, 1952) o di Luigi Ghirri (1943–1992), per le quali il fatto che siano vintage va decisamente in secondo piano rispetto allo scatto.

Dove acquistate?
In galleria prevalentemente. Per esempio, le fotografie di Raffaela Mariniello (Napoli, 1961) le abbiamo comprate allo Studio Trisorio a Napoli; quelle di Gabriele Basilico da Photo & Co a Torino, mentre il vintage di Gianni Berengo Gardin allo Spazio Forma di Milano. In alcune circostanze, invece, ci sono legami speciali e continuativi nel tempo che ci consentono di andare direttamente dal fotografo per l'acquisto di interi portfogli fotografici; è stato il caso per Antonio Biasiucci (Dragoni, Caserta, 1961). Talvolta, infine, può capitare di acquistare un lavoro in fiera, come quello di Sabrina Mezzaqui (Bologna, 1964) ad ArteFiera Bologna presso lo stand della Galleria Continua (San Gimignano, Le Moulin, Beijing) o di Vedovamazzei (Maristella Scala, 1964; Simeone Crispino, 1962) nello stand di Umberto di Marino (Napoli). In asta proprio non andiamo mai, non conosciamo neppure il meccanismo per comprare.

La vostra collezione come si posiziona rispetto al panorama artistico contemporaneo?
Andiamo di pari passo con la scena artistica, ci piace l'arte contemporanea così come la fotografia. Non a caso, nella collezione ci sono anche artisti che hanno usato la fotografia così come altri strumenti di espressione, tra cui Silvio Wolf (Milano, 1965), Bruna Esposito (Roma, 1960) e lo stesso Michelangelo Pistoletto (Biella, 1933), di cui abbiamo comprato un grande specchio (235 x 125 cm) con l'immagine della nostra famiglia (con nostro figlio Tomaso) nel 1986, che fa parte di un'importante serie di lavori che non avrebbe potuto realizzare senza la fotografia. Anche quando nella superficie specchiante ci metteva un piccolo oggetto, un cordone, la realtà entrava comunque nell'opera. La fotografia è sempre stata negletta a torto nel mercato dell'arte, visto che gli artisti ne hanno sempre fatto uso: si pensi a Giuseppe Penone (Cuneo, 1947), Giulio Paolini (Genova, 1940) o Jannis Kounellis (Pireo, 1936).

Nel corso di questi vent'anni, il mercato dell'arte ha sdoganato progressivamente la fotografia. Tre gli effetti: una maggiore disponibilità di fotografie di qualità e materiale artistico fotografico, prezzi più alti e soprattutto la ridefinizione del panorama galleristico italiano. Come orientarsi?
Il campo della fotografia è un po' un ginepraio oggi, e per noi collezionisti è necessario dividere tra fotografi classici, artisti che usano la fotografia e fotografi che usano il digitale, che sono una categoria ancora diversa perché manipolano l'immagine fotografica. Eppure, tutti rientrano in quella che è la fotografia, perché sempre trattano un'immagine che rappresenta o tenta di rappresentare la realtà. Farsi strada in questa giungla, non è facile, ci vuole attenzione per mantenere una coerenza di fondo, che è fondamentale in una collezione. Nella nostra, ci sono richiami precisi tra le opere fotografiche, sia nel figurativo – e ci riferiamo alle fotografie documentarie e ai paesaggi - che nell'astratto; si è creato, inoltre, un dialogo diretto con alcuni pezzi concettuali della nostra collezione d'arte, per esempio tra le opere di Luigi Ontani (Montovolo di Grizzana Moranti, Vergato, 1943), Vettor Pisani (Napoli, 1934), Sol Lewitt (1928 - 2007) e Michelangelo Pistoletto. D'altra parte, queste corrispondenze hanno anche dei risvolti concreti: Claudio Abate (Roma, 1943) ed Elisabetta Catalano (Roma, 1941) ritraevano e collaboravano con gli artisti degli anni ‘70, mentre Gabriele Basilico ha sempre considerato Gianni Berengo Gardin il suo maestro. Per acquistare, riteniamo sia sempre meglio affidarsi alle gallerie che offrono le maggiori garanzie per la fotografia, soprattutto relativamente all'edizione.

E in effetti la vostra collezione ha per molti aspetti un respiro molto più ampio di "una storia privata", titolo da voi scelto per le mostre organizzate alla Maison Européenne de la Photographie nel 2006, al Museo Carlo Bilotti e a Photo España nel 2008 (catalogo edito da Contrasto). Proprio in questi giorni, siete stati ospiti al talk "Dal collezionismo alle fondazioni. Una trasformazione in atto nel sistema dell'arte" al Palazzo dei Congressi dell'Eur in occasione della Fiera Artfair in Opencity. Avete mai pensato di fare questo salto e di far diventare la collezione pubblica?
Al momento purtroppo parte della collezione (più di 600 fotografie) si trova in deposito ed effettivamente ci abbiamo pensato molto a come dargli una collocazione diversa; circostanza che potrebbe anche sfociare nella creazione di una fondazione. Era chiaro fin dall'inizio, adesso dobbiamo mettere un po' a punto la questione, che abbiamo iniziato ad affrontare e discuteremo senz'altro quest'estate con nostro figlio Tomaso, che attualmente lavora ad Hong Kong.

Attualmente quanto spendete all'anno per la conservazione, l'assicurazione e l'affitto del deposito?
Sicuramente più di 10mila euro. Poi, in corrispondenza di eventi espositivi, è necessario preventivare costi addizionali per incorniciare le fotografie, ad esempio. Un collezionista spesso deve intervenire in questi casi.

Acquisti, quando un'opera costa troppo?
Può capitare. Noi, ad esempio, ci facciamo un budget annuale e lo seguiamo, come fanno le istituzioni museali. Un tempo, la fotografia aveva prezzi molto più bassi e si potevano comprare intere serie fotografiche con un budget contenuto: oggi per fare lo stesso bisogna spendere dieci volte tanto. Ad ogni modo, il budget dell'anno 2008, lo abbiamo chiuso comprando una serie di 38 fotografie di Antonio Biasiucci (edizioni di 5, prezzi da 2.000 euro in su, ndr) e abbiamo aperto quello del 2009 con 2 fotografie di Paolo Ventura (Milano, 1968; edizioni di 5 in grande e 10 in piccolo formato, prezzi tra 4.000-12.000 euro, ndr).

E per i prossimi acquisti, quali artisti e fotografi state seguendo?
Sicuramente Nino Migliori (Bologna, 1929), (edizioni aperte, prezzi da 2.500 a 10.000 euro per vintage, ndr) e Mario Cresci (Chiavari, 1942), (edizioni di 3, prezzi tra 3.500–5.000 euro, ndr). Tra i giovani, portiamo avanti naturalmente Paolo Ventura, Beatrice Pediconi (Roma, 1972), (edizioni di 5, prezzi tra 4.800-5.500 euro, ndr) e Roberto de Paolis (Roma, 1980), (edizioni di 5, prezzi tra 2.000–7.000 euro, ndr), che sono già presenti nella nostra collezione. A volte, poi, torniamo su esponenti consolidati del panorama fotografico, cercando di completare quanto già possediamo. Uno fra tutti, Ferdinando Scianna (Bagheria, 1943), (edizioni di 10, prezzi dai 2.000 euro in su, ndr).
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I prezzi riportati si riferiscono al valore di mercato per fotografie singole in galleria.


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