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Italiani difesi solo dai galleristi

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Italiani difesi solo dai galleristi

L'ex Padiglione Italiano (800 mq. dove esposero nel 2007 Giuseppe Penone e Francesco Vezzoli) è stato ingrandito per inglobare un secondo edificio di mille mq. che ospita il nuovo Padiglione Italia all'Arsenale. Qui 20 artisti italiani, selezionati da Luca Beatrice e Beatrice Buscaroli, presenteranno da domani al 22 novembre i loro lavori site specific nella mostra «Collaudi», un omaggio a Filippo Tommaso Marinetti nel centenario del Futurismo. «In questo Padiglione noi artisti non siamo stati usati per illustrare le teorie dei critici – dichiara Sandro Chia, il senior di questa edizione – ma ognuno si è sentito libero di essere se stesso, in modo unico e indipendente». Nel suo progetto Chia ha seguito lo stesso pensiero, dando vita a cinque grandi tele tra loro autonome. Tra gli iniziatori della Transavanguardia, l'artista fiorentino (1946) ha prodotto in proprio la sua installazione pittorica, per ora non in vendita, ma stimabile in due milioni di euro complessivi, se si calcola che il monumentale dipinto «The Pharmacist's son» (1981), battuto da Christie's Londra nell'ottobre 2007, passò di mano per 514.361$.
Diversi per età ed esperienze, i 20 in mostra sono accomunati dall'intelligenza della mano e da una poetica che si potrebbe definire del ritorno all'ordine e alla forma, rispetto a chi cerca l'arte del presente in espressioni concettuali, sociologiche e psicoanalitiche. Ma che profilo hanno, sul mercato internazionale, i protagonisti italiani della Biennale 2009?
La generazione dei quarantenni del Padiglione Italia ha scambi consolidati in patria, quotazioni abbordabili da 2.500 a 10.000 euro a opera, scarsa presenza in asta (tranne quelle telematiche per lavori di seconda scelta di Nido, Chia e Lodola) e mancanza di un'autorevole committenza pubblica. Fanno eccezione Giacomo Costa (1970), fotografo di architetture fantastiche collezionato da Sir Norman Foster (top price 11.842$ vedi tabellone pag. 26); Nicola Bolla (1963), amato dallo stilista Calvin Kline, stimato da 10mila a 30mila euro a opera e il cui teschio tempestato di Swarovsky ha addirittura ispirato Damien Hirst; la fotografa Elisa Sighicelli (1968), che vive a Londra ed entra nella scuderia di Gagosian (record di 22.937$ per «Mollino, agitato», 2003, battuto da Sotheby's Londra, il 20 ottobre 2008); Silvio Wolf (1952) che nel 1987 partecipa a Documenta VIII e da allora espone le sue foto in tutto il mondo, ma ha solo 12 passaggi in asta e Nicola Verlato (1965), che vive a New York.
La Biennale darebbe il via alla loro riscossa: è la consacrazione internazionale che ancora manca alla carriera dei pittori come Gian Marco Montesano (1949), Roberto Floreani (1956), Marco Cingolani (1961), Daniele Galliano (1961), Luca Pignatelli (1962), Davide Nico (1966) e degli scultori ceramisti Bertozzi&Casoni (1957-1961). Se il riconoscimento seguirà bene, altrimenti meglio trarne le conseguenze. Comunque c'è chi è già noto all'estero, ma non è mai stato scambiato in asta come la performer Sissi (1977), vincitrice del Premio Furla 2002; lo scultore altoatesino Aron Demetz (1972); i video artisti Masbedo, sostenuti dalle gallerie Pack di Milano e Noire di Torino e il palermitano Manfredi Bennati (1970), alla sua seconda Biennale. E c'è chi in gioventù inflazionò il suo mercato facendosi commercializzare da Telemarket, come Marco Lodola, ma oggi è un maestro indiscusso del pop italiano e le sue sculture luminose (20mila massimo) sono in importanti collezioni private di celebri musicisti e gioiellieri.
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