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Calder difende dalla crisi

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Calder difende dalla crisi

Nel maggio 2009, Artnet ha decretato Calder «vincitore e campione» della tornata di aste di New York. L'espressione può sembrare eccessivamente entusiastica, ma in un'epoca in cui il calo medio dei prezzi è di oltre il 30% rispetto al 2007 colpisce vedere come questo grande classico americano sia uscito non solo indenne, ma in crescita dagli ultimi 12 difficili mesi del mercato dell'arte. Calder – grazie anche alle quotazioni notevoli ma non iperboliche se confrontate con quelle dei suoi coevi come Rothko – tra il 2008 e il 2009 infatti ha totalizzato 40 milioni di dollari per 48 opere vendute, con il 29% sopra la stima massima. Rimane da capire però qual è la specificità di un artista che – sebbene la tendenza a investire sui classici del moderno e del contemporaneo sia una costante nei momenti di difficoltà del mercato – è comunque un'eccezione: altri grandi nomi del Novecento americano come Frank Stella, hanno subìto nello stesso periodo battute d'arresto e invenduti clamorosi. Una prima intuitiva risposta la si può avere visitando la grande mostra che Palazzo delle Esposizioni (23 ottobre-14 febbraio) dedica all'artista: Calder è uno di quei rarissimi casi che, pur appartenendo all'élite intellettuale delle avanguardie d'inizio secolo (fu Duchamp a coniare il termine «mobile» per le sue sculture mobili e Jean Arp quello di «stabile» per le grandi sculture a terra), riesce ad emozionare il grande pubblico con opere dal fascino immediato in cui accanto all'astrazione formale la manualità dell'artista rimane esplicita e visibile. Calder, inoltre, caso quasi unico della sua generazione (è nato nel 1898) viene considerato un artista «contemporaneo» e come tale viene spesso incluso nelle aste internazionali, pur conservando le radici ben salde in quell'epoca tra le due guerre ormai patrimonio dei maggiori musei internazionali, dove è entrato in tempi di quotazioni più abbordabili. Perciò Calder può piacere alla superstar dell'arte concettuale Richard Prince o al re del contemporaneo François Pinault, ma anche a una generazione di collezionisti d'alto lignaggio come l'americano Aaron Fleischman, che possiede alcuni pezzi storici di livello museale. Fleischman non ha dubbi: «Il segreto della fortuna di Calder presso i collezionisti si può capire solo vedendolo ambientato in una casa: è la sua capacità di convivere in modo non invasivo sia con l'arte precedente che con opere recentissime. Cosa di cui è difficile rendersi conto vedendolo nei musei, esposto accanto ad opere simili».
Per capire il mercato di Calder i numeri delle aste non bastano: nella mostra che la sede romana di Gagosian dedica in questi giorni all'artista, oltre a cinque mobile (da 550 mila ai 1,8-2,6 milioni di dollari) e gouache da 50-60mila $, sono esposte due grandi sculture monumentali che arrivano a 18-20 milioni di $: «Per spiegare queste cifre bisogna contestualizzare le opere – spiega Pepi Marchetti Franchi, direttore della galleria –, nonostante Calder sia stato un artista molto prolifico e registri numerosi passaggi in asta esistono alcune tipologie di opere molto rare, se non altro per ragioni logistiche e installative. È il caso di "Rouge Triomphant", del 1959-63: esistono al mondo solo 13 esemplari di hanging mobile di queste dimensioni (4,5 mt) e appartengono tutte a grandi musei o a pochi collezionisti privati che difficilmente decidono di metterle sul mercato». I collezionisti di Calder appartengono da tempo ad una élite americana non solo economica, ma culturale, che s'identifica fortemente in alcuni artisti e li sostiene, acquistando ed esercitando la propria influenza nei board dei musei con strategie a lungo termine: «Il collezionismo di Calder – conclude Marchetti Franchi – è colto, non compra per status e negli anni passati non ha seguito il boom degli artisti "di moda" o delle speculazioni a breve termine, oggi continua a sostenerlo».
Giovanna Amadasi
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