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Longhi, il collezionista

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Longhi, il collezionista

Dal 19 novembre al 28 marzo 2010 i Musei Civici di Padova ospitano la mostra «Caravaggio, Lotto, Ribera. Quattro secoli di capolavori dalla Fondazione Longhi» (catalogo 24 Ore Motta Cultura). La rassegna ricostruisce le tappe dell'avventura collezionistica di Roberto Longhi (1890-1970). Alla curatrice Mina Gregori il compito di introdurre la rassegna.

di Mina Gregori
Questa mostra presenta al pubblico in una sede veneta, ospitata nel Museo degli Eremitani, il grande storico dell'arte Roberto Longhi come collezionista. Permette di risalire, pur con un campionario ridotto quale può offrire la sua collezione privata, alla sua storia di scoperte in campi ancora inesplorati e alla sua autorevole riconsiderazione di scuole italiane ritenute secondarie e provinciali nei confronti del primato assegnato dalla storiografia internazionale all'aprirsi del secolo scorso ai centri toscani.
Di alcune decisive operazioni critiche del Novecento Roberto Longhi è stato l'anima e il protagonista. Tutti lo conosciamo come lo studioso che a partire dai primi scritti giovanili ha dato una posizione centrale nel Quattrocento a Piero della Francesca affermando altresì la sua influenza sulla pittura veneziana. Con la sua autorità ha saputo offrire del Trecento e del tardogotico bolognesi una lettura, documentata dalle famose lezioni dalla cattedra universitaria dal 1934 al 1936, fortemente caratterizzata e differenziata e che si riferisce, con numerose varianti, all'area più vasta dell'Italia settentrionale.
Anche della riscoperta del Rinascimento ferrarese degli anni Trenta del Novecento Longhi è stato l'acuto interlocutore, che del relativo movimento critico ha dato l'assetto definitivo con uno dei capolavori della storiografia del secolo, l'Officina ferrarese (1934), a cui hanno fatto seguito gli Ampliamenti (1940).
Le sue attenzioni ad altri centri dell'Italia settentrionale sono qui indicate dai dipinti di Jacobello del Fiore, di Cristoforo Moretti, di Liberale da Verona, per giungere al Cinquecento con una Giuditta a cui è stato di recente giustamente attribuito il giusto riferimento a Battista del Moro. Non si potevano tuttavia omettere alla mostra presenze toscane e dell'Italia centrale con quadri di piccolo formato e di diversa destinazione, di Pacino di Buonaguida, di Luca di Tommè e di Ottaviano Nelli, che oggi si è tentati di guardare anche come raffinate operette da collezione.
La scelta di questi dipinti offre diverse motivazioni che il visitatore potrà facilmente individuare. (...). Ma il nome di Longhi richiama soprattutto, e non soltanto agli storici dell'arte, quello dello studioso che più di ogni altro ha costruito nei decenni la figura del Caravaggio, del grande rivoluzionario così come oggi lo conosciamo e pensiamo, nei luoghi in cui ebbe successi e sconfitte e in quella posizione che lo confronta col mondo moderno. Chi si sia dedicato a qualche specifica lettura sul pittore ricorda i Quesiti caravaggeschi del 1928-1929 che primeggiano nella storiografia del Novecento e che indicano i precedenti del Merisi nel Cinquecento lombardo. In seguito lo studioso ha proceduto nella ricostruzione del percorso del Caravaggio attraverso proposte di opere che non sono state smentite, presentandole a Milano alla mostra del 1951. Da questo evento memorabile sono partiti gli studi dell'ultimo cinquantennio, che hanno visto un'appassionata e anche polemica partecipazione internazionale.
La presenza nella collezione di un autografo del Merisi, il Ragazzo morso dal ramarro qui esposto, appare quasi ovvia perché lo studioso che sia anche collezionista desidera possedere opere del suo autore ed eroe.
Longhi ha costruito anche la prima struttura storiografica della cerchia del Caravaggio, soprattutto nelle densissime note del saggio del 1943, tuttora base di riferimento per gli studi. Carlo Saraceni è menzionato da Giulio Mancini come un pittore che seguì il Merisi «solo in parte». Lo studioso ne ha raccolto la collocazione tra i caravaggeschi, pur sottolineando il suo primo debito anche verso Adam Elsheimer. La collezione ne conserva esemplari di una qualità oggi introvabile.
Anche il Borgianni è presente con due opere: una Sacra Famiglia firmata e una Pietà, replica di alta qualità di un tema che rispecchia le varie esperienze extracaravaggesche dell'autore. La definizione di questo pittore come caravaggesco risale a Longhi. Nella sua vicenda critica sono stati aperti degli interrogativi, risolti definitivamente con il suo inserimento, limitato a un periodo della sua attività, nel volume di Benedict Nicolson The International Caravaggesque Movement, sia nella prima edizione del 1979 sia nella più ampia pubblicata dopo la sua morte.
Al caravaggismo del secondo decennio del Seicento appartengono a evidenza gli Apostoli di casa Gavotti, che sono stati tra le prime opere entrate a far parte della collezione. (...).
La Negazione di Pietro del Valentin è certamente il quadro più importante dei caravaggeschi della collezione, non solo per la qualità che lo rende degno di competere con i dipinti del pittore conservati al Louvre, ma per le misure, il numero dei personaggi e la rarità delle opere che si attribuiscono al grande caravaggista francese.
Non manca nella raccolta la presenza di caravaggeschi nordici. La Presa di Cristo del Baburen a figure terzine rappresenta, credo, uno dei primi acquisti, come fa ritenere la sua provenienza da casa Gavotti, la stessa degli Apostoli già considerati. Di Matthias Stomer, il simpatico seguace di Gerhard Honthorst, attivo a lungo in Italia tra Roma, Napoli e la Sicilia, la collezione conserva due notevoli esempi certamente eseguiti da noi. Qui si presenta la Guarigione di Tobia. Longhi vi ravvisava divertito il modello siciliano per il vecchio, riferendosi al modo come atteggia la bocca nell'accingersi a parlare.
Mattia Preti, una delle prime scoperte dello studioso (il saggio famoso a lui dedicato risale al 1918), è qui inserito tra i caravaggeschi nonostante le date notevolmente avanzate che di questa fase del pittore fanno un geniale revival.
La sequenza e la qualità dei dipinti di varie scuole e tendenze del Seicento qui presentati al di fuori del caravaggismo ci accompagnano lungo altri itinerari. E non si può pensare una migliore introduzione a intendere il debito che abbiamo verso Longhi per la riscoperta di quel secolo.
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Il personaggioNato ad Alba nel 1890, Roberto Longhi è stato uno degli storici dell'arte più importanti del Novecento. Allievo di Pietro Toesca a Torino, si laureò nel 1911 con una tesi su Caravaggio e si trasferì a Roma per perfezionarsi con Adolfo Venturi. Compì studi fondamentali su Piero della Francesca e Caravaggio, fondò la rivista «Paragone» e fu docente di storia dell'arte prima presso l'Università di Bologna (dove insegnò, tra gli altri, a Pier Paolo Pasolini, influenzandone
la formazione estetica), poi in quella di Firenze, città dove si spense nel 1970.

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