ArtEconomy24

Espugnare il Castello

  • Abbonati
  • Accedi
In Primo Piano

Espugnare il Castello

di Fulvio Irace
Con la sua scenografica mole il Castello Sforzesco è il monumento più amato e frequentato di Milano. Ma forse anche il più sconosciuto. Sede di un importante complesso museografico e di istituzioni culturali di grande prestigio – dall'Archivio Storico alla Biblioteca d'Arte – è noto ai visitatori soprattutto per la enigmatica Pietà di Michelangelo, per gli affreschi leonardeschi della Sale delle Asse, per l'impressionante colpo d'occhio della piazza d'Armi con il suo eterogeneo archivio tridimensionale di statue, portali, decorazioni e frammenti pietosamente ricomposti tra le sue mura come spoglie delle antiche case milanesi demolite per far posto alla città nuova.
Pochi conoscono, invece, la complessità di una macchina edilizia che fu prima cittadella fortificata e poi sfarzosa dimora signorile degli Sforza. Più di ogni altra fabbrica della città, porta le tracce di una storia che ripartì dal 1893 – anno in cui si avviarono i lavori di restauro e di ricostruzione per mano di Luca Beltrami – restituendo ai milanesi il Castello come monumento pubblico votato al culto risorgimentale delle memorie patrie. Divenuto da fortezza palazzo e da palazzo museo, il Castello attende ancora di esprimersi, in un certo senso, come museo di se stesso. Ad esempio riscoprendo quelle dimensioni intrinseche alla sua storia, finora trascurate in favore dell'allestimento delle sue collezioni: parliamo del camminamento coperto delle merlate o, al l'opposto, dei fossati.
Da questo punto di vista si sta aprendo un nuovo capitolo dell'esistenza del Castello milanese, il cui prologo è stato presentato in questi giorni dall'architetto inglese David Chipperfield (già familiare in città per il progetto in corso del Museo delle Culture all'Ansaldo) che, insieme al l'italiano Michele De Lucchi, aveva elaborato nel 2005 un masterplan vincitore del concorso per il riallestimento museografico e la riorganizzazione delle funzioni presenti nel complesso del Castello. Compito questo già affrontato da Chipperfield con successo per l'Isola dei Musei di Berlino e sperimentato per la prima volta da I.M.Pei con la Piramide del Louvre a Parigi, attraverso la strategia di partire dai contorni per ridisegnare in maniera radicale i flussi degli interni.
In questo caso, il punto di partenza è il cosiddetto Rivellino di Porta Vercellina, attualmente un romantico peduncolo di quella che una volta era la cinta muraria della Ghirlanda, ovvero la seconda linea fortificata che difendeva il fossato, demolita perché non congruente con la presunta immagine "originaria" del Castello.
La migliore tradizione dell'architettura moderna ci ha abituato a considerare la trasformazione come lavoro a partire dagli scarti e dai frammenti: partendo dalle rovine del Rivellino la proposta Chipperfield-De Lucchi propone dunque di ripensare il sistema degli accessi e dei collegamenti facendo perno sul poco che resta all'esterno delle mura. Poco, ma sufficiente a immaginare una reintegrazione con volumi semplificati e materiali tradizionali (mattoni e pietra) che trasformi il rudere nel perno di una rete d'accessi che include i percorsi della strada segreta della Ghirlanda e di quella aerea delle mura, sistemando al contempo negli spazi interni un'esposizione dedicata ad armi e armature storiche del XV secolo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

© Riproduzione riservata