ArtEconomy24

Qui il barocco è vulcanico

  • Abbonati
  • Accedi
In Primo Piano

Qui il barocco è vulcanico

di Marco Bona Castellotti
La pittura del Seicento a Napoli era sorta all'improvviso dopo l'arrivo di Caravaggio in città nel 1606. Questi, transfuga da Roma con una condanna a morte sul collo, a Napoli era stato accolto con segni di fervida stima e il primo soggiorno partenopeo, durato poco più di un anno, aveva sortito l'effetto di una vera e propria deflagrazione delle arti, ridestando la pittura locale, calcificata nelle secche della Maniera, con risultati che si misurano nelle opere del più tempestivo seguace del Merisi: Battistello Caracciolo. Con lui inizia la scuola napoletana del Seicento, che volge lo sguardo a Caravaggio per l'intero secolo XVII, quando il Barocco ebbe il sopravvento su ogni altro stile. Ma l'"effetto Caravaggio" trascinerà i pittori anche nel secolo seguente, poiché è innegabile che i vivi contrasti di luce e di colore presenti in Francesco Solimena risentano ancora dell'influenza caravaggesca.
La pittura napoletana del Seicento è stata oggetto di studi tra i più approfonditi degli ultimi vent'anni, cionondimeno spazio per novità ve n'è sempre, e nella mostra, curata da Nicola Spinosa, del quale si potrebbero menzionare innumerevoli importanti contributi critici sull'arte del Seicento, viene presentato un folto gruppo di opere inedite; ma forse una scelta filtrata più rigorosamente avrebbe giovato all'unità della prima e più ricca sezione della rassegna a Capodimonte, dove sono radunati i dipinti e i disegni, alcuni fra i quali di grande bellezza, vedi le due Teste d'uomo con turbante di Salvator Rosa di Copenaghen.
Nella massa dei pittori napoletani d'impronta caravaggesca, riconducibili sotto l'insegna del Barocco, uno fra i più problematici è il Maestro dell'annuncio ai Pastori, oggi con qualche dubbio identificato con Juan Do, e autore di una stupenda tela conservata a Capodimonte dalla quale prende il nome. Tra i quadri che gli vengono attribuiti Lo studio del pittore, interpretato anche come Allegorie delle arti, è estremamente interessante per l'ardito taglio della composizione e per la presenza di due figure un po' enigmatiche: un pittore e presumibilmente un allievo, uniti fra loro dal motto «ancora imparo» scritto su di un cartiglio. Degli altri protagonisti di questo Seicento sono esposti alcuni esempi molto belli, come il Ritratto di una giovane donna con il gallo di Massimo Stanzione, gli Elefanti in un circo di Andrea De Lione, L'Adorazione dei Magi di Mattia Preti, l'Adorazione dei pastori di Cesare Fracanzano, mentre nel gruppo di opere esposte nella Certosa di San Martino, tutte dedicate alle vedute di Napoli, è da menzionare quella di Chiaia di Gaspar van Wittel.
La porzione più interessante della mostra è esposta però negli spazi di Castel Sant'Elmo. È qui che il termine Barocco vulcanicamente trionfa, nell'opulenza dell'immensa macchina lignea delle Quarant'ore eretta per celebrare una liturgia devozionale inventata da San Carlo Borromeo. Questa macchina è la prova di come l'arte di destinazione ecclesiastica napoletana, tanto nel Seicento che nel Settecento, non indulga mai nei toni cupi, nemmeno quando il soggetto potrebbe suggerirli, mentre è proprio nella scultura sacra che il Barocco napoletano di destinazione religioso-popolare tocca il vertice, come possiamo vedere nel San Giuseppe e il Bambino Gesù in braccio di Giuseppe Picano, intagliatore di talento, che lascia in questa bella opera, restaurata in occasione della mostra, la firma e la data 1771. Picano è l'artista senza dubbio più raffinato di quelli che hanno disseminato nelle chiese di Napoli gruppi scultorei variopinti, nei quali sono spesso i bambini a rivestire il ruolo di protagonista. Li vediamo nelle varie rappresentazioni dell'Angelo Custode, di Tobiolo, di San Nicola da Tolentino. Sono così numerosi da indurci a domandare per quali ragioni in età barocca a Napoli venga tanto enfatizzata la protezione accordata agli infanti, e con tanta cordialità di partecipazione. Gli arcangeli napoletani sono pieni di energia, così come la loro dolcezza possiede sempre un timbro divertito. Gli angeli sorridono con molto garbo e in loro non vi è mai nulla di forzato. Sono figure da presepio ingigantite e come quelle che allestiscono i presepi sono convocate a far festa.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Mostra in 6 sedi

La mostra «Ritorno al Barocco. Da Caravaggio a Vanvitelli» è aperta fino all'11 aprile 2010 in varie sedi della città di Napoli. Catalogo Electa.
Museo di Capodimonte
1È il cuore dell'esposizione, con un'eccezionale selezione di dipinti (Caravaggio, Battistello Caracciolo, Ribera, Stanzione, Vaccaro, Preti e Giordano e Solimena) e due sezioni di disegni.
Castel Sant'Elmo
1Castel Sant'Elmo ospita opere del '600 e del primo '700 provenienti da chiese e musei napoletani restaurate in questi ultimi trent'anni dalla Soprintendenza napoletana.
Certosa e Museo di San Martino
1La Certosa rappresenta il più straordinario complesso barocco di Napoli. Ospita la sezione delle vedute barocche della città.
Museo Duca di Martina
1Qui sono di scena le arti decorative allestite nel contesto di una deliziosa casa-museo.
Museo Pignatelli
1Ospita la sezione della natura morta.
Palazzo Reale
1Nella reggia dei Borboni sono di scena l'architettura, l'urbanistica e la cartografia barocca. Insieme a dipinti e arredi, come i celebri presepi napoletani.

© Riproduzione riservata